7 aprile 2021 - 10:11

La storia di Carla Zampatti, partita da Sondrio e diventata regina della moda in Australia

Immigrata con la famiglia in Australia nel 1950 è morta sabato scorso in Australia dove le sono stati offerti i i funerali di Stato ed è stata salutata come «la Regina Carla». «Il valore di essere una outsider»

di Elena Tebano

La storia di Carla Zampatti, partita da Sondrio e diventata regina della moda in Australia
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Quando Carla Zampatti ha lanciato il suo marchio, nel 1965, le donne in Australia non erano neppure libere di chiedere un prestito in banca a loro nome. «Non c’erano altre donne, sole, che iniziavano o riavviavano un’attività — ha raccontato lei —. Mi sono sentita un po’ un’outsider, come sempre nella mia vita, il che non è una cosa così brutta. Essere un outsider ti fa impegnare di più». Nata a Lovero, in Provincia di Sondrio, nel 1942, Zampatti era immigrata con la famiglia in Australia nel 1950, per raggiungere un padre di cui lei non aveva memoria perché era partito molti anni prima per lavorare in miniera nell’Ovest del Paese. Quando è morta a 78 anni, sabato scorso, per le conseguenze di una caduta sulle scale dell’Opera di Sydney (dove era andata per vedere la Traviata), l’Australia le ha offerto funerali di Stato e l’ha salutata come «la Regina Carla» (The Australian), «un’icona» e una «leggenda della moda» (The Sunday Times e il Sydney Morning Herald). Nella sua lunga carriera ha vestito le attrici Nicole Kidman e Cate Blanchett e l’ex premier australiana Julia Gillard. E il suo nome è diventato sinonimo di stile ed emancipazione per le donne australiane.

«È stata parte di un grande cambiamento — spiega la giornalista ed editrice Ita Buttrose, uno dei nomi più importanti nell’editoria del Paese —. Prima degli anni ‘70, guardavamo agli stilisti d’oltreoceano, perché non c’era davvero un’etichetta di moda australiana che si distinguesse dalla massa. Carla è stata la prima di molte ed è successo intorno agli anni ‘70, quando la liberazione delle donne era in corso. Era unica, perché il suo stile era caratteristico. Quando una donna ti incontrava e ti diceva “Hai un aspetto fantastico” rispondevi: “Sì, è Carla”». Zampatti desiderava creare abiti fin da quando, a cinque anni, la madre contadina l’aveva portata con sé in una sartoria nelle valli lombarde. Lì aveva scoperto — raccontava — un «tesoro di cose meravigliose: manichini drappeggiati con stoffe squisite, nastri, pizzi, sete, rasi, una macchina da cucire, mille fili di colori diversi e gli abiti più splendidi che avessi mai visto. Ho capito subito che era lì che si creava la bellezza e la magia ed era lì che volevo essere».

Zampatti era doppiamente un outsider, immigrata oltre che donna. Ha saputo costruire un impero dal niente. La sua storia è anche la parabola di un’immigrazione di successo, un modello per i molti italiani poveri che si sono trasferiti in Australia negli anni 50 e 60 per trovarvi fortuna. Ha lasciato la scuola a 14 anni e iniziato a vendere «vestiti a buon mercato» in uno spaccio di Bullfinch, nell’Australia Occidentale, che vendeva anche articoli da ferramenta. Poi ha lavorato in una fabbrica di vestiti a Perth e come cassiera in una catena di abbigliamento a Sydney, dove si era trasferita nel 1963 insieme a quattro amiche, portando con sé una valigia e una macchina per cucire. Un incontro casuale con il fondatore dell’azienda di moda Nemco Fashion Products sull’autobus 369 (Zampatti lo chiamava il «destino a 4 ruote» visto che sopra quell’autobus conobbe anche il primo marito) la portò ad ottenere un lavoro come sua assistente. Da lì riuscì a fare il salto diventando stilista e poi, nel 1965, a fondare il suo marchio personale. Una carriera fulminea. «Il successo non tardò ad arrivare, poiché Zampatti capì il cambiamento degli atteggiamenti e dei bisogni delle donne, con il suo mantra di “vestiti che sembrano costosi ma sono accessibili”» spiega The Australian. «Un buon vestito infonde in una donna la fiducia in se stessa per esplorare nuove opportunità, per sentirsi a proprio agio in qualsiasi situazione sociale» ha scritto Zampatti nella sua autobiografia, «My Life, My Look». Nei primi anni ‘70 Zampatti è diventata una delle prime designer a introdurre costumi da bagno nelle sue collezioni in un’Australia ancora all’antica. E ha cresciuto da sola il primo figlio, Alexander, nato nel 1969, dopo aver divorziato dal primo marito Leo Schuman quando il bambino aveva meno di un anno. Anche essere una madre single lavoratrice, all’epoca, non era né facile né scontato (le altre due figlie, Bianca e Allegra sono nate rispettivamente nel 1976 e nel 1978 dal matrimonio con John Spender che sarebbe diventato l’ambasciatore australiano a Parigi). Intanto Zampetti fondava anche la sua catena di boutique che oggi conta 26 punti vendita in tutto il Paese. «È incredibile quello che si può fare con un’incredibile quantità di ottimismo giovanile e pochi soldi» avrebbe commentato molti anni dopo.

Nel 1980 fu nominata dal Bulletin/Qantas «Businesswoman of the Year», imprenditrice dell’anno (un «passo avanti nel progresso della nazione verso la parità di genere» lo definì lei) e da allora ha iniziato a ricoprire ruoli istituzionali nelle associazioni industriali e come direttore non esecutivo di importanti aziende: è stata anche presidente dell’emittente pubblica australiana Special Broadcasting Service. «Abbiamo perso un’australiana veramente grande, un’ispiratrice» ha detto dopo la sua morte il premier Scott Morrison. In quella grandezza c’erano anche la determinazione e la creatività ereditate dalla sua infanzia italiana.


( Nella foto Carla Zampatti nel 1985 accanto al modello di Ford da lei firmato. Questo articolo è tratto dalla newsletter del Corriere «Il Punto - Rassegna stampa. Per riceverla potete iscrivervi qui. Un grazie per la segnalazione al lettore Giovanni De Francesco da Sydney.)

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