9 settembre 2020 - 22:12

Morto Amos Luzzatto, un illuminista legato alla tradizione ebraica

Si è spento a Venezia all’età di 92 anni l’ex presidente dell’Unione delle comunità israelitiche. Medico, socialista, si dovette confrontare con il rinascente antisemitismo

di DONATELLA DI CESARE

Morto Amos Luzzatto, un illuminista legato alla tradizione ebraica Amos Luzzatto (1928-2020)
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Si è spenta una voce alta e indimenticabile dell’ebraismo italiano ed europeo. Coltissimo, raffinato, ironico, sensibile, Amos Luzzatto, scomparso all’età di 92 anni, coniugava in sé tutte quelle caratteristiche rare che ne hanno fatto per anni e decenni il punto di riferimento non solo per le comunità ebraiche, di cui è stato presidente dal 1998 al 2006. In lui parlava una tradizione secolare che giungeva fino al rabbino e intellettuale Dante Lattes e a Samuel David Luzzatto, poeta ed esegeta, esponente di quell’indirizzo chiamato «scienza dell’ebraismo» che, nel corso dell’Ottocento, aveva creduto nella possibilità per gli ebrei di avere diritti e cittadinanza.

Le generazioni successive avrebbero dovuto purtroppo ricredersi. Fu impossibile per Amos, nato nel 1928, dimenticare la discriminazione subita per le leggi razziste, quando venne d’un tratto escluso dal ginnasio; né riuscì mai a scordare lo squadrismo fascista di cui fu vittima il padre. Con la famiglia lasciò l’Italia nel 1939 e, fino al 1946, trascorse l’intera giovinezza nella terra che sarebbe stata il futuro Stato d’Israele.

Al ritorno scelse la via di un impegno instancabile: come medico, ma anche come studioso, intellettuale, politico. Era a casa in tante lingue, dall’ebraico al tedesco, sempre, però, con quell’estraneità dell’ebreo di cui andava fiero. Non per caso era notissimo e stimato all’estero, dove era il nome stesso dell’ebraismo italiano. Luzzatto non dimenticò mai Israele, ma neppure l’Europa. La sua prospettiva era in fondo opposta a quella di coloro che guardavano con favore uno spostamento del nuovo Stato ebraico verso il polo atlantico. Luzzatto sapeva bene che cosa fosse stato lo sterminio, conosceva le colpe imperdonabili del vecchio continente. Eppure continuava a interrogarsi sul «posto degli ebrei in Europa», per citare uno dei suoi libri più belli. Era convinto che fosse necessario recuperare quel legame antichissimo che avrebbe potuto definitivamente spezzarsi.

Aveva una visione politica — qualcuno oggi direbbe ideologica. Ebraismo per lui voleva dire giustizia. Erano gli insegnamenti della Torà, della Bibbia ebraica, da cui non cessava di trarre ispirazione. E ciò, malgrado si dichiarasse apertamente laico. Difendere i diritti degli ebrei voleva dire per lui combattere anche per quelli dei rom, dei sinti e di tutti coloro che sono calpestati. Gli ebrei: l’avanguardia delle lotte per l’uguaglianza.

Soffrì molto quando cominciò ad accorgersi che nella sua sinistra, di cui si sentiva parte integrante, andava emergendo il terribile odio verso Israele, una nuova e subdola forma di antisemitismo. Che sinistra era quella? Che cosa ne era della grande tradizione socialista a cui lui si richiamava? Non si diede per vinto e continuò a scrivere e intervenire non solo su quel tema delicato, ma anche sui rapporti non meno complessi tra lo Stato di Israele e la diaspora ebraica, il cui grande patrimonio vedeva sempre più minacciato non solo dal nuovo odio, ma anche dalla banale e scialba assimilazione.

Era un appassionato illuminista che riponeva una profonda fiducia nella scienza e nella ragione. Questo non gli impedì di dialogare con le altre religioni, di aprirsi al confronto con il mondo cristiano. Per chi lo ha conosciuto sarebbe impossibile immaginarlo senza le pagine in ebraico del Midrash e del Talmud che leggeva e interpretava da maestro.

Amos Luzzatto lascia una grande vuoto, quasi che si chiudesse con lui un periodo dell’ebraismo italiano segnato da immani tragedie, ma sostenuto anche da un’accesa e indomita speranza.

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