Addio a Nanda Vigo, designer della luce

Maestra indiscussa della creatività italiana, artista unica e architetto, é scomparsa ieri all'età di 83 anni

di Redazione Living | Foto Marco Poma

«C’è solo un progetto, ovviamente di luce, che non posso terminare, dato che lo scienziato con cui lavoravo è deceduto troppo presto. Ma non c’è problema, lo terminerò nella prossima vita».

É scomparsa ieri all’età di 83 anni Nanda Vigo, grande artista, architetto e designer del più impalpabile degli elementi, la luce.

Figura di assoluto rilievo nel panorama artistico italiano, milanese classe 1936, amica di Lucio Fontana, collega di Gio Ponti e compagna di Piero Manzoni, la ricordiamo con queste parole tratte dall’intervista (che ripubblichiamo di seguito in versione integrale), fatta lo scorso anno in occasione della mostra Nanda Vigo. Light Project a Palazzo Reale di Milano che aveva raccontato al grande pubblico la sua straordinaria produzione attraverso circa ottanta opere – tra progetti, sculture e installazioni – e il suo eccezionale percorso di ricerca (le immagini nella gallery).

Attualmente é in corso la mostra Light Project 2020 al Museo Macte di Termoli (Campobasso), a cura di Laura Cherubini, aperta compatibilmente con l’attuale situazione fino al 13 settembre.

«Ripercorrere le tappe del suo lavoro, dal 1959 a oggi, come rammentare la sua presenza nel mondo artistico e del design milanese, sarebbe troppo lungo», comunicano dall’Archivio Nanda Vigo, fondato per volere della stessa artista nel 2013. «Ci limitiamo a ricordare i tratti personali del suo carattere, così brusco e deciso, da combattente, che chi l’ha incontrata ha sicuramente percepito, e che i suoi amici ben conoscevano. Era lo specchio di convinzioni radicali sull’arte, il design, l’architettura, che Nanda ha contribuito a creare e a consolidare con le sue opere, e con la coerenza a volte scomoda delle sue idee, manifestate senza paura e senza ipocrisia sia negli anni di festosa rivoluzione dell’arte, che nei periodi di riflusso. Spirito intransigente, artista indipendente, ha sempre scelto la sua vita».

 

Sessant’anni di carriera, e una certezza: la LUCE. Quando è come è nato questo rapporto tra lei e la luce come elemento d’arte?
L’incontro che ebbi da bambina, circa a sette anni, con la luce che emanava l’architettura del Terragni. Illuminazione che restò nel mio subconscio fino ai primi anni del liceo artistico quando scoprii che con la luce si possono avere infiniti sviluppi, infiniti come la luce stessa, e che quindi non avranno mai termine. Sinceramente la luce del vetrocemento del Terragni mi accompagnerà nella prossima vita.

Qual è il progetto a cui è più legata?
In assoluto la casa “Lo scarabeo sotto la foglia” che mi ha dato l’occasione di lavorare con il grande Gio Ponti e di firmare un lavoro a quattro mani, cosa che Ponti non ha mai fatto con nessun altro. Per l’occasione ricevetti anche i suoi complimenti.

342 b Foglie
Ricorda il suo primo lavoro?
Certo che sì, appena tornata dagli States, nel 1959, aprii lo studio con due ingegneri e un architetto. Ci commissionarono subito il cimitero di Rozzano, per il quale progettai le “torri cimiteriali”.

Che considerazione ha dell’arte di oggi?
Purtroppo l’arte è a un punto fermo dal quale è difficile vedere una via d’uscita. Tutta l’arte, oggi, è una brutta copia delle ricerche fine 60/70. Ma la cosa più incredibile è che gli artisti, giovani, che la fanno, non sanno neppure da chi copiano. In questa direzione, e per la moltiplicazione dei pani e dei pesci, finiranno a fare del buon artigianato, certo non dell’arte.

Il suo ricordo più bello?
Certamente quando ho potuto realizzare una costruzione fatta apposta davanti all’oceano per ammirare i tramonti africani.

Il sogno mai realizzato?
Odio i sogni “nel cassetto”. Ho un sistema di operatività nel continuum. Ma c’è solo un progetto, ovviamente di luce, che non posso terminare, dato che lo scienziato con cui lavoravo è deceduto troppo presto. Ma non c’è problema, lo terminerò nella prossima vita.

E la sua prima delusione?
Quando, grazie al mio amato Manzoni, scoprii che le sottane fanno la differenza. Mi disse chiaramente che non eravamo la famiglia Curie, che l’artista era lui e solo lui, e che io dovevo starmene a casa.

La difficoltà più grande che ha incontrato nella sua lunga carriera?
Avere le sottane.

 

di Michele Falcone – pubblicata il 27 giugno 2019

GUARDA ANCHE:

Nanda Vigo: «Andate su Marte con i Rolling Stones»

 

Living ©RIPRODUZIONE RISERVATA
La newsletter di Living: stili e tendenze per la tua casa
 
Leggi anche
Il FAI e Tempo portano pezzi di arte italiana sui box di fazzoletti Con le nuove limited edition stucchi e affreschi diventano pattern decorativi per raccontare un pezzo del patrimonio artistico italiano
di Redazione Living
dormire alla cattedrale di st. paul a londra con airbnb
Dormire in una biblioteca segreta Airbnb invita gli amanti della lettura a trascorrere una notte alla scoperta della ricca collezione di volumi custoditi nella biblioteca della St Paul Cathedral di Londra
di Redazione Living
Mercatini online: andare per bancarelle da casa Sempre più sviluppato il mercato di modernariato e antiquariato sul web. Il modello è quello di siti che raccolgono venditori specializzati da tutto il mondo
di Alessandro Mussolini