5 novembre 2018 - 20:50

Morto Marco Dezzi Bardeschi
L’architettura dell’antirestauro

È scomparso a 84 anni il teorico e progettista. Laureato in Ingegneria, è stato anche docente a Firenze e professore di Restauro dei monumenti al Politecnico di Milano

di PIERLUIGI PANZA

Marco Dezzi Bardeschi Marco Dezzi Bardeschi
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L’entusiasmo e una coinvolgente passione per ogni battaglia, specie in difesa del passato, hanno caratterizzato la vita piena d’ingegno e di curiosità di Marco Dezzi Bardeschi, scomparso il 4 novembre a 84 anni. Mercoledì 7 l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, alle 15, terrà la celebrazione funebre nella cappella di San Luca alla Santissima Annunziata di Firenze.

Laureato in Ingegneria con Giovanni Michelucci (1957) e in Architettura con Piero Sanpaolesi nel 1962 con una tesi sul mai abbandonato Leon Battista Alberti, divenne funzionario della soprintendenza di Arezzo, poi docente a Firenze (dove era nato il 30 settembre 1934 e viveva), quindi, dal 1976, professore di Restauro dei monumenti al Politecnico di Milano, dove fondò il Dipartimento per la Conservazione delle risorse architettoniche e ambientali (1980). Qui divenne il capofila della cosiddetta «pura conservazione» o cultura dell’antirestauro, ovvero della difesa della tracce materiali di un monumento o di un manufatto architettonico del passato come quintessenza della sua autenticità. Partendo dalle tesi di John Ruskin, per Dezzi l’architettura è un palinsesto sul quale ogni generazione lascia una traccia da trasmettere a quelle future: «Aggiungere, non sottrarre risorse al contesto»; da qui il favore per l’inserimento di architettura moderna di qualità nei contesti storici. Questa posizione, esito di un cammino che passa da Boito, Brandi fino alle Carte del restauro è oggi abbastanza condivisa, ma messa a rischio da speculazione e potere finanziario. Simbolo di questa posizione fu la vittoriosa battaglia (condotta con Paolo Portoghesi) per la conservazione integrale del Palazzo della Ragione di Milano (1978-86) del quale, negli anni Settanta, si voleva abbattere il sopralzo settecentesco per ricondurlo a un ipotetico Medioevo. Seguirono gli interventi alla Biblioteca Classense di Ravenna, al Palazzo Gotico di Piacenza e altri, che si affiancarono ai nuovi progetti, a una intensa vita di studioso trasversale che produsse novecento pubblicazioni, il varo di collane editoriali e un’attività pubblicistica anche per il «Corriere della Sera». I suoi interventi teorici nel campo del restauro sono in Restauro: punto e da capo, Il monumento e il suo doppio e il recente Abbeceddario minimo. Cento voci per il restauro (2017). Lascia molti allievi, fuori dall’università, in tutto il mondo.

Infaticabile convegnista, dal 2003 al 2007 presidente di Icomos (International Council on Monuments and Sites), fu fondatore di riviste dai nomi strani: «Necropoli» con Francesco Gurrieri, «Psicon», sull’iconologia warburghiana (1975) con Eugenio Battisti e Marcello Fagiolo e, da vent’anni, «Ananke» (Alinea edizioni) trimestrale militante di cultura della conservazione con aperture su teoria e storia delle arti. Molte le esposizioni curate, anche per il Salone del Restauro di Ferrara. Nel 2014, in occasione dell’ottantesimo compleanno, il Polo Museale fiorentino gli aveva dedicato un ciclo di mostre dal titolo Autenticittà; ne curò poi una sugli effimeri per la Regione Toscana. Era appena tornato da Brasile e Cina, mondi troppo diversi dal suo universo umanistico. Stava progettando i prossimi numeri di «Ananke» e il nuovo museo di Ariosto a Castelnuovo di Garfagnana. Poiché aveva l’entusiasmo di un ragazzo, scherzava sull’età ricordando: «Guardate che il mio maestro Michelucci è campato cent’anni».

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