Esisteva un patto parasociale «illecito» per manovrare le nomine in assemblea e favorire gli amici ai vertici bancari. Il gip di Bergamo Ilaria Sanesi ha accolto la tesi della Procura sulla gestione occulta delle nomine di Ubi Banca e ha deciso di rinviare a giudizio 39 persone, tra cui 28 ex amministratori dell’istituto di credito, (nonché l’istituto di credito stesso per violazione della legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti) accusati a vario titolo di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, illecita influenza sull’assemblea in relazione alla capogruppo Ubi banca, truffa, inosservanza delle obbligazioni da parte di esponenti bancari, conflitto d’interesse e illeciti tributari per quanto riguarda le vicende della controllata Ubi leasing. Il processo comincerà il 25 luglio prossimo.

Tra gli imputati figurano personaggi di spicco della finanza italiana, sopra tutti Gilberto Bazoli, socio storico di Ubi, esponente di quella «finanza bianca» che ha sempre caratterizzato gli ambienti economici bresciani e bergamaschi, attuale presidente emerito di Intesa San Paolo, deve rispondere a processo quale presidente dell’associazione di azionisti Ablp (acronimo di Amici di banca Lombarda e Piemontese) ; insieme a lui Victor Massiah, amministratore delegato di Ubi banca e Andrea Moltrasio, presidente del consiglio di sorveglianza.

Le indagini sono atte avviate nel 2014 da parte dei militari del nucleo speciale di polizia valutaria della Gdf dopo alcuni esposti di Adusbef e di alcuni consiglieri di minoranza del gruppo Ubi. Tra le accuse, che avevano coinvolto anche l’associazione Amici di Ubi Banca, che coaugula i soci bergamaschi, anche quella di aver fatto firmare deleghe in bianco per mantenere il controllo della banca senza spendere soldi. Al centro dell’inchiesta in particolare l’assemblea che nell’aprile del 2013 portò all’elezione del consiglio di sorveglianza della banca , presieduto da Andrea Moltrasio.

Durante l’udienza preliminare che si è conclusa oggi pomeriggio con la decisione del Gup, Bazoli aveva reso dichiarazioni spontanee per spiegare la sua posizione e contestare la ricostruzione della Procura di Bergamo, in particolare, nel respingere le accuse di ostacolo all’autorità di vigilanza e influenza illecita sulle decisioni dell’assemblea, Bazoli aveva spiegato che i contatti intrattenuti con l’anima bergamasca della banca erano stati di tipo istituzionale, in qualità di vicepresidente di Blp prima e dopo come consigliere di sorveglianza di Ubi Banca (nata dalla fusione di Banche popolari Unite e Banca Lombarda), fino a quando non diede le dimissioni dal board per via della normativa «sull’interlocking», continuando perciò a seguire le vicende di Ubi come presidente dell’associazione che riuniva molti ex azionisti Bpl.

Ubi banca, i suoi soci e amministratori, hanno sempre protestato la propria estraneità alle accuse e la correttezza del proprio operato. L’avvocato Paola Severino, difensore dell’istituto di credito, ha sostenuto che «la banca aveva un modello organizzativo assolutamente adeguato a prevenire i reati contestati». Ora, tutto ciò, si dovrà dimostrare davanti a un tribunale.

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