A Weiss, Thorne e Barish il premio per la fisica

Onde da Nobel

di Vincenzo Barone

Le onde gravitazionali generate dalla collisione fra due buchi neri. (Ansa/Werner Benger)

3' di lettura

Un Nobel atteso e storico, quello assegnato oggi a Rainer Weiss, Kip Thorne e Barry Barish per l’osservazione delle onde gravitazionali, le oscillazioni dello spazio-tempo previste cento anni fa dalla relatività generale di Einstein e captate per la prima volta nel settembre del 2015 dai rivelatori del progetto statunitense LIGO, due interferometri laser lunghi 4 chilometri.

La scoperta è il frutto del lavoro pluridecennale di centinaia di ricercatori e di tecnici, ma è indubbio che Weiss, Thorne e Barish siano coloro che hanno maggiormente contribuito all’avvio e alla riuscita di un’impresa straordinaria, consistita – ricordiamolo – nell’osservazione di una deformazione del tessuto spazio-temporale così piccola (la miliardesima parte di un raggio atomico) da essere difficilmente immaginabile.

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Il terzetto è ben assortito: grande sperimentatore Weiss, teorico geniale Thorne, abile organizzatore Barish. Dei tre, Kip Thorne, 77 anni, è sicuramente il personaggio più noto, non solo negli ambienti scientifici, in cui è riconosciuto come uno dei massimi esperti mondiali di astrofisica relativistica (autore di fondamentali studi sui buchi neri e sui cunicoli spazio-temporali), ma anche presso il grande pubblico, che lo ha apprezzato come abile divulgatore e recentemente anche come soggettista e produttore esecutivo del film Interstellar di Christopher Nolan.

Nobel per la Fisica 2017: da sinistra a destra Barry Barish, Kip S. Thorne, Rainer Weiss

Weiss, 85 anni, professore emerito al Massachusetts Institute of Technology, ha al suo attivo un altro grande progetto, la missione spaziale COBE, che negli anni Novanta ha fornito una mappa dettagliata della radiazione cosmica di fondo, il calore residuo del Big Bang (i due ricercatori principali di COBE, John Mather e George Smoot, hanno per questo ricevuto il Nobel nel 2006). Infine, Barish, 81 anni, direttore di LIGO nel periodo in cui sono stati costruiti i due interferometri, ha avuto il merito di trasformare quella che all’inizio era una piccola équipe di ricerca in una grande collaborazione internazionale, e di portare a compimento il progetto.

Come spesso accade nel campo della fisica fondamentale, c’è molta ricerca italiana dietro il Nobel appena assegnato. L'analisi che ha portato alla scoperta delle onde gravitazionali è stata svolta congiuntamente da LIGO e dalla collaborazione italo-francese Virgo (cui partecipa il nostro Istituto Nazionale di Fisica Nucleare). Le prime tre onde sono state viste solo dai due interferometri di LIGO, perché lo strumento simile di Virgo (collocato nella campagna di Cascina, vicino a Pisa) era spento per un upgrade. Ma appena riacceso, lo scorso agosto, il rivelatore di Virgo ha captato la quarta onda, e assieme alle macchine americane forma oggi una rete globale di interferometri che permetterà di scoprire nuove sorgenti e di localizzarle con precisione, in modo che possano essere osservate anche nell’ottico, con i telescopi convenzionali.

Va ricordato, parlando di Virgo, il pionieristico contributo del suo fondatore, Adalberto Giazotto, il quale, oltre a promuovere trent’anni fa l’interferometria gravitazionale, ha inventato quei sofisticatissimi dispositivi – chiamati superattenuatori – che isolano gli specchi degli interferometri dalle vibrazioni spurie, consentendo di rivelare i segnali genuinamente gravitazionali. Più indietro nel tempo, non bisogna poi dimenticare l’importante ruolo svolto da Edoardo Amaldi e Guido Pizzella, iniziatori degli studi di gravitazione sperimentale in Italia e in Europa.

Quando, negli anni Cinquanta del secolo scorso, il fisico americano Joe Weber decise di andare alla ricerca delle onde gravitazionali usando grossi cilindri metallici che avrebbero dovuto vibrare come diapason all’arrivo di un’onda, la reazione di gran parte della comunità scientifica fu improntata allo scetticismo. E quando, negli anni Ottanta, un piccolo manipolo di fisici immaginò di riprendere la ricerca con nuovi giganteschi strumenti, gli interferometri laser, l’impresa sembrava altrettanto disperata. Il Nobel di quest’anno ci ricorda che le scoperte epocali nella fisica scaturiscono tanto dall’ingegno quanto dalla tenacia.

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