i decreti approvati in cdm

La televisione fa da traino ai film, si completa la riforma del cinema

di Antonello Cherchi

3' di lettura

Più passaggi in tv di opere italiane e europee, nuove regole sulla censura dei film, riorganizzazione della disciplina di chi lavora sul set: è il contenuto dei tre decreti legislativi approvati in via preliminare dal Consiglio dei ministri. Si tratta dell’ultimo tassello per mandare a regime la riforma del cinema, introdotta dalla legge 220 del 2016. Una parte di quella riforma è già stata tradotta in pratica da diversi decreti ministeriali, buona parte dei quali operativi. Mancavano, però, i provvedimenti necessari a dare attuazione alla delega contenuta nella legge.

Il primo via libera
Ieri è stato pronunciato solo il primo sì da parte di Palazzo Chigi. Ora si apre una corsa contro il tempo per acquisire entro il 13 dicembre, data di scadenza della delega, il via libera della conferenza Stato-Regioni, il parere Consiglio di Stato e quelli delle commissioni parlamentari (dovrebbero essere quattro, sia alla Camera sia al Senato, le commissioni deputate a pronunciarsi sui tre atti), per poi ritornare al Consiglio dei ministri per il sì definitivo. Sulla carta gli spazi ci sono, ma c’è da considerare il fatto che le Camere, a partire dal Senato, tra qualche settimana saranno proiettate sulla legge di bilancio.

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La tv tira la volata al cinema
Il decreto più sofferto è stato quello sulla promozione delle opere italiane ed europee, che sino all’altro giorno ha tenuto aperto al ministero dei Beni culturali un tavolo per trovare un accordo con i gruppi televisivi. Il provvedimento, che contiene anche un nuovo profilo di produttore indipendente, prevede, a partire dal 2019, nuove quote per le Tv - anche quelle on demand - di programmazione giornaliera di film, fiction e programmi di produzione europea: si salirà dall’attuale 50% del palinsesto al 55% del 2019 per arrivare al 60% del 2020. Tali quote sono calcolate sul tempo di trasmissione al netto di telegiornali, sport, quiz, televendite e pubblicità.

Il prodotto made in Italy
All’interno di quelle quote, una parte dovrà essere riservata a opere italiane: per la Rai si tratterà della metà - dunque, del 27,5% nel 2019 e del 30% nel 2020 - mentre gli altri operatori sarà di un terzo. Inoltre, in prima serata (dalle 18 alle 23) le Tv dovranno programmare almeno un film, una fiction o un cartone animato italiano a settimana per rete (sulle reti Rai due, di cui almeno uno dovrà essere un film). Sul nuovo impianto vigilerà l’Agcom, che avrà a disposizione sanzioni più severe.

Gli investimenti sui film
Cresce anche la percentuale degli introiti netti annui che le televisioni devono investire in film e fiction di produzione europea. Anche qui c’è un doppio binario: la Rai, in quanto servizio pubblico, dovrà contribuire in maniera più significativa e dal 15% dei ricavi passerà nel 2019 al 18,5% (di cui il 4% in opere italiane), per andare al 20% (di cui 5% per produzioni italiane) nel 2020. Le altre Tv, invece, saliranno, con la medesima scansione temporale, dal 10% al 12,5 (di cui il 3,5 per film nostrani), fino al 15% (di cui il 4,5% per produzioni italiane).

Censura autocertificata
Cambiano le regole per la censura dei film: sparisce il divieto di programmazione di un’opera in pubblico, mentre il divieto per fasce di età cambia procedura. Sarà, infatti, lo stesso produttore ad autoregolamentarsi e a sottoporre la propria valutazione a una commissione dei beni culturali, che dovrà ratificare o meno quella decisione. Inoltre, viene introdotto la possibilità di consigliare o meno un’opera ai minori di sei anni.

I lavoratori del set
L’organizzazione dei lavori del cinema, infine, è stata in parte già trattata con il jobs act. Il decreto approvato ieri si limita, pertanto, a intervenire sul alcuni aspetti, come l’apprendistato professionalizzante, e a dare un nuovo assetto all’ordinamento generale.

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