scenari sui mercati

Bond, ecco la nuova onda del “reflation trade”. Quanto durerà?

di Vito Lops

(Olycom)

3' di lettura

A settembre il valore globale dei bond è diminuito di 600 milioni di dollari. I rendimenti dei principali titoli di Stato sono risaliti. Gli investitori sono pronti a catalogare questo movimento come “reflation trade”. Non è la prima volta che i mercati imboccano questa strada. Recentemente è già accaduto lo scorso novembre. Dopo la vittoria di Trump i rendimenti dei bond si sono impennati e il mercato globale dei bond ha perso fino all’ultimo Natale qualcosa come 3mila miliardi di dollari.

IL VALORE GLOBALE DEI BOND

Dati in milioni di dollari. (Fonte: Bloomberg)

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A dare la scossa allora è stata l’elezione di Donald Trump che in campagna elettorale ha promesso una “fenomenale” riduzione fiscale per le imprese. Una riforma teoricamente inflazionistica nella misura in cui gonfia gli utili delle aziende e, a cascata, potrebbe impattare positivamente anche su salari e consumi.

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Il “reflation trade” - che per certi versi ripristina la storica correlazione inversa tra azioni e bond dato che, mentre i secondi vengono venduti e di conseguenza i rendimenti salgono andando ad incorporare nuove stime inflative, le azioni vengono acquistate proprio sulla scommessa di maggiori utili aziendali - si è però sgonfiato a inizio anno quando gli investitori hanno compreso le difficoltà di Trump a mantenere le sue promesse. Il banco di prova è stato il flop sull’abolizione della riforma sanitaria tanto caro al suo predecessore Barack Obama. Da inizio anno i rendimenti dei bond sono tornati a scendere, di pari passo alle stime di inflazione. Quindi sono tornati gli acquisti sul mercato obbligazionario che è passato da un valore di 44mila miliardi a 49mila miliardi.

Da poche settimane però qualcosa è cambiato. Come visto sopra sono tornate e vendite sui bond e i tassi si sono riposizionati un po’ più in alto. Il Bund tedesco è tornato in area 0,5%, il Treasury Usa al 2,3%, il BTp italiano a 2,2%. I Gilt britannici si sono impennati di 35 punti base dall’1% all’1,35% e così via, senza eccezioni di sorta.

IL RIALZO DEI RENDIMENTI

Titolo a 10 anni

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Stiamo parlando di tassi a lungo termine (titoli a 10 anni) e quindi la politica monetaria in questo territorio impatta meno. Se osserviamo il Treasury a 2 anni è più che normale che il rendimento sia passato in pochi giorni dall’1,2% all’1,46%, proprio dopo le parole del governatore della Fed Janet Yellen che ha confermato di voler alzare i tassi a dicembre, scenario prima non prezzato dalle classi di investimento.

Ma il fatto che stiano salendo anche i titoli della parte lunga della curva indica che gli investitori sono tornati a puntare un nuovo “cheap” su uno scenario da “reflation trade”. E ancora una volta qui c’entra Trump. In questa settimana infatti il presidente ha presentato al Congresso la proposta di riforma fiscale. È certamente meno aggressiva rispetto alla precedente (che puntava a una riduzione dell’aliquota fino al 12,5%) perché l’intento di abbassare l’aliquota sugli utili al 20%, ma certo sarebbe comunque significativa.

Ecco perché i bond sono tornati sulle montagne russe. La “fenomenale” (o quasi) riforma fiscale promessa da Trump è tornata nell’agenda setting finanziaria. A differenza di 10 mesi fa però i mercati dovrebbero essere meno aggressivi nella puntata e quindi il “reflation trade” potrebbe durare meno del precedente (durato 3 mesi) ed essere comunque meno violento. Perché tra il dire e il fare c’è di mezzo il partito democratico Usa che potrebbe, così come ha fatto quattro volte per la riforma sanitaria, ergere un nuovo muro anti-Trump.

twitter.com/vitolops

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