intervista al ministro calenda

«Tim-Vivendi, golden power a ottobre»

di Carmine Fotina

(ANSA)

6' di lettura

«L’assertività» e il «rispetto delle regole» sono due concetti che il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda lega alle grandi partite industriali di queste settimane, Fincantieri e Tim.

Il primo verdetto sul caso Tim-Vivendi è arrivato a 24 ore dal vertice di Lione con la Francia. È stato opportuno aspettare prima di pronunciarsi?
Non c’è alcun legame. L’istruttoria condotta dal comitato di Palazzo Chigi sul caso Tim-Vivendi è totalmente slegata dalla vicenda Fincantieri e non origina da questioni che hanno a che fare con la nazionalità dell’investitore anche perché il Governo rifiuta il nazionalismo economico mentre pretende il rispetto delle regole. Ricordo peraltro che le norme sul golden power, approvate dalla Ue, rispettano i principi di non discriminazione, proporzionalità e trasparenza del procedimento.

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Il comitato ha avviato un procedimento sanzionatorio nei confronti di Tim. Qual è invece l’orientamento del governo sull’esercizio dei poteri speciali?
Intanto è stato accertato che c’è stata un’omessa notifica e ora inizia un iter che potrà portare ad una sanzione rilevante e che dà alla società la garanzia del contraddittorio. Contemporaneamente valuteremo se, come io ritengo, ci siano gli estremi per prescrizioni relativamente alla governance e all’accesso ai dati e alle infrastrutture di Telecom Sparkle. Credo che entro ottobre potranno essere definite le prescrizioni, che saranno comunque equilibrate e non punitive.

Che giudizio dà il governo della scelta di Amos Genish come ad di Tim?
Nessun giudizio. La nomina dell’amministratore delegato è responsabilità dell’azionista e il governo non interferisce su questi aspetti.

Il provvedimento di Palazzo Chigi definisce strategica non solo Sparkle ma l’intera rete di accesso. Secondo alcuni osservatori la rete è anche la chiave per risolvere la partita Mediaset-Vivendi.Su questo punto ci sono margini per dialogare con Tim per un eventuale scorporo? Immaginate interventi normativi?
Non ci sono trattative in corso con la società. Anzi direi che non ci sono proprio contatti di alcun tipo. Detto questo il tema di avere una rete sempre più aperta, sicura, neutrale e moderna resta aperto. Stiamo approfondendo il modo più giusto per affrontarlo. Così come vigileremo sulla correttezza delle operazioni tra Vivendi e Tim e i possibili conflitti di interesse.

Il caso Tim- Vivendi sarà un precedente per le scelte future in materia di golden power?
Per la prima volta in Italia si usa questa normativa che rappresenta un modo trasparente e rigoroso per tutelare l’interesse nazionale senza iniziative discrezionali o protezionistiche. Contemporaneamente, sulla base della proposta comune fatta con Germania e Francia e accolta dal presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, vareremo nella cornice della legge di bilancio il rafforzamento del golden power a tutela degli asset strategici perché ad alta intensità tecnologica, nel caso di acquisizioni predatorie condotte da imprese dei Paesi terzi. E nello stesso pacchetto spero poter inserire anche la norma ”anti scorrerie” sulle scalate condotte in modo opaco.

Sull’accordo Fincantieri-Stx i giudizi sono quantomeno divisi. Non abbiamo concesso troppo?
Al contrario. È un accordo migliorativo rispetto a quello che era stato siglato con il governo Hollande che prevedeva una maggioranza divisa tra Fincantieri e istituzioni finanziarie italiane. La Francia può riprendersi l’1% solo se gli impegni presi da a Fincantieri non vengono rispettati e questa clausola era presente identicamente nell’accordo firmato con il governo Hollande e comunque Fincantieri se si verificasse questa circostanza ha il diritto di rivendere anche il 50% a fair market value per una piena valorizzazione degli investimenti che nel frattempo venissero effettuati. Aggiungo che non trovo affatto inappropriato che il Governo francese voglia rassicurazioni su piano industriale, occupazione e know how. A parti invertite avremmo fatto lo stesso. Ricordiamoci che hanno accettato di tornare indietro sulla nazionalizzazione, non mi sembra un risultato da poco.

È pur vero che sono i francesi a prestare l’1% e non il contrario.
Non avremmo accettato il contrario. Fincantieri ha ottenuto la disponibilità piena sia per quanto riguarda i diritti di voto sia per quanto riguarda i dividendi. Ricordo poi che sulla governance abbiamo sia la nomina dell’amministratore delegato sia del presidente che disporrà di un voto preponderante in caso di parità (il cosiddetto casting vote).

Però, visto anche il loro diritto di veto sulle nomine, l’impressione che manchi un po’ di fiducia da parte francese resta...
La sensazione che ci sia un eccesso di diffidenza in questo tipo di accordi esiste. Ma non è un problema solo francese, è successo e succede spesso anche in Italia. Ma è un errore. Parliamo sempre di Europa ma l’Europa è anche questo: creare i presupposti per un grande campione mondiale che sappia fronteggiare la sfida competitiva che arriva ormai sempre di più dall’esterno, a partire dalla Cina. Prendiamo l’esempio di StM, un caso di governance paritaria Italia-Francia, che ha avuto peraltro un ad italiano per moltissimi anni e che sta andando molto bene.

La seconda parte dell’accordo, sulla Difesa, quando si chiuderà? Che ruolo avrà Leonardo?
Un gruppo di lavoro studierà la forma di collaborazione migliore tra Fincantieri e Naval Group con un orizzonte temporale di 6-8 mesi per avere un disegno chiaro. Tra le valutazioni da fare c’è la natura di questo accordo, se sarà solo una partnership o una vera integrazione societaria come io mi auguro se ci saranno le giuste condizioni. Fin dall’inizio delle discussioni c’è stato un coinvolgimento di Leonardo e su questo punto negozieremo le garanzie più appropriate per preservare le sinergie con Fincantieri nei sistemi di combattimento,

Ci avviciniamo alla legge di bilancio. È vero che c’è un problema di risorse esigue per le misure pro-crescita?
Il sentiero è stretto e ci muoviamo tra riduzione del deficit, rilancio dell’occupazione giovanile e ulteriore sostegno agli investimenti con Impresa 4.0. Saranno i punti fermi della manovra. Mentre riduciamo il deficit all’1,6%, un livello quasi senza precedenti,dobbiamo dare continuità a un percorso di crescita alimentato dalle misure introdotte dal Governo Renzi: incentivi agli investimenti, Irap, Imu sugli imbullonati, taglio Ires, Jobs act. Non ho ricordo nel passato recente di Governi così vicini al mondo delle imprese. La manovra dovrà essere necessariamente selettiva ma continueremo a spingere sulla crescita.

Confermando anche il superammortamento?
Andremo avanti con Impresa 4.0, rinnovando gli incentivi e completando il pilastro delle competenze con il potenziamento degli istituti tecnici superiori, dei competence center e il nuovo credito d’imposta per la formazione. Il superammortamento, in particolare, è al terzo anno di applicazione e necessita di una messa a punto. Valuteremo un décalage dell’intensità e una riduzione della platea dei beni agevolabili. Ma la forza finanziaria complessiva del piano non diminuirà. E stiamo parlando del piano di stimoli agli investimenti industriali innovativi già oggi più cospicuo tra tutti i paesi europei.

La settimana prossima è in programma il trilogo europeo decisivo sulla riforma dell’antidumping e del sistema di dazi verso i Paesi terzi. L’Italia sembra lottare quasi da sola...
Ne abbiamo parlato anche con Macron al vertice bilaterale. I governi Renzi e Gentiloni si sono battuti e hanno ottenuto di migliorare la proposta iniziale. Ma resta il problema dell’onere della prova delle distorsioni di mercato: è inaccettabile che sia a carico delle aziende europee. Gli strumenti di difesa commerciale non possono essere indeboliti ma vanno anzi rafforzati, anche in sintonia con il nuovo filtro contro le scorrerie di imprese extra Ue nell’alta tecnologia che la Commissione intende adottare. L’Europa, si badi bene, non deve proteggersi dalla competizione ma dalla violazione delle regole del libero scambio e da chi vuole abusare della nostra apertura agli investimenti per mettere in atto comportamenti predatori.

Ministro, un’ultima domanda. In queste ore ci sono scontri a Torino a conclusione del G7. Era scontato visto che si parla di innovazione e lavoro?
È un fatto incomprensibile anche perché abbiamo messo al centro dei tre G7 di Torino il lavoro, le competenze e il governo dell’innovazione. Guardi, con il G7 Ict-Industria l’Italia è stata promotrice di una riflessione storica sul tema dell’innovazione. Per la prima volta dalla rivoluzione scientifica in poi ci si interroga sull’innovazione, sulle sue implicazioni etiche e sociali. Tradizionalmente il pensiero liberal democratico ha sempre identificato il progresso tecnologico con quello umano e sociale, è non ha mai pensato di doverlo governare ma solo promuovere. Oggi la velocità e la profondità dei cambiamenti, penso ad esempio all’intelligenza artificiale, impongono una riflessione più articolata e un impegno diretto della politica per prevenire rischi e squilibri. Una richiesta che viene prima di tutto dai cittadini delle democrazie occidentali dove il rifiuto della modernità, penso ad esempio al movimento contro i vaccini, segnala una paura profonda. Il nostro G7 ha affrontato per la prima volta questo passaggio epocale, perché non si ripeta con l’innovazione l’errore fatto con la globalizzazione di cui si sono enfatizzati solo gli aspetti positivi dimenticando che quel processo andava accompagnato e gestito.

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