sanità

Farmaci equivalenti, Assogenerici: pubblici acquisti al ribasso, rischio industriale

di Rosanna Magnano

(Alessandro Viapiano)

3' di lettura

«Una terapia di base contro l’ipertensione costa al Sistema sanitario nazionale meno di due caffè. E una sacca per l’infusione di sodio cloruro costa ancora meno, circa 50 centesimi». È questo secondo il presidente di Assogenerici Enrique Häusermann l’effetto della corsa ai ribassi provocata dalle gare centralizzate sui prezzi dei farmaci a brevetto scaduto. L’allarme è stato lanciato ieri nel corso della sesta tappa del tour di «Fabbriche aperte» allo stabilimento Baxter di Sesto Fiorentino, polo d’eccellenza specializzato nella produzione di dispositivi medici per la chemioterapia e sacche personalizzate per la nutrizione parenterale.

Una corsa allo sconto che secondo l’industria delle pillole no-logo è arrivata a un punto di non ritorno. Un maggior utilizzo di farmaci generici, che rispetto ai brand generano risparmi del 50-60%, è senza dubbio una delle ricette che a livello internazionale (Ocse, Oms) si propongono per garantire la sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali, messi a dura prova dall'invecchiamento della popolazione e dall'arrivo sul mercato di costosi e rivoluzionari farmaci innovativi. Ma tutto ha un limite. «Dopo la scadenza brevettuale – continua Häusermann – si apre la concorrenza e il prezzo del farmaco precipita, ma poi arriva una soglia industriale, una fase in cui la curva si inverte e il prezzo ricomincia a salire, perché in caso contrario si mette a rischio lo stesso approvvigionamento di medicinali e il mercato degenera in situazioni di monopolio».

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Nelle gare pubbliche il 20% dei lotti resta deserto
E le imprese già segnalano i primi campanelli d’allarme. «I farmaci non più coperti da brevetto – spiega il direttore generale di Assogenerici Michele Uda - rappresentano nel 2017 il 24% delle dosi consumate dalle strutture sanitarie pubbliche, ma a livello di valore incidono solo per il 5,1% della spesa a prezzi ex factory. Esiste un enorme divario di prezzo con i farmaci innovativi». Una svalutazione che spinge alcuni produttori a non partecipare alle gare. «Si conferma un elevato livello di lotti deserti – continua Uda - con una media 2010-2014 che ha riguardato circa il 20% dei lotti, salendo al 27% nel 2015». Le conseguenze sono dietro l’angolo: riduzione della competizione, possibili oligopoli e forniture a rischio proprio sui prodotti fuori brevetto, che coprono la maggioranza dei bisogni dell’assistenza farmaceutica ospedaliera, comprese le terapie oncologiche di base. Il peso dei farmaci equivalenti e biosimilari nella cura dei pazienti è infatti notevole, copre l'80% delle aree terapeutiche e raggiunge una quota di utilizzo pari al 60% dei medicinali dispensati ogni giorno nell’Ue. In Italia il settore è solido, con un fatturato nazionale annuo di 3 miliardi, il 37% dall’export. Gli addetti sono 10mila, il 40% impiegato nella produzione, con 60 aziende attive (il 44% a capitale italiano) che investono 100 mln ogni anno, il 65% in produzione.

Le soluzioni proposte dall’industria
Ma la riduzione del prezzo medio d’acquisto da parte delle centrali pubbliche, a volumi stabili o in aumento, non fa dormire sonni tranquilli agli addetti ai lavori. Per invertire la rotta Assogenerici avanza alcune proposte per il breve periodo. Tra queste, l’introduzione della clausola di rinegoziazione «pura», un meccanismo già previsto per i farmaci biosimilari, che stabilisce, in caso di scadenza brevettuale, la riapertura della procedura concorrenziale. Un provvedimento che avrebbe bisogno di una modifica normativa, da introdurre con la legge di bilancio. Per evitare la frammentazione degli ordini, l’associazione propone inoltre di fissare quantitativi minimi come clausola dei capitolati, con l'obiettivo di impedire micro-ordini che incrementano rischio di rottura di stock e aumentano i costi per le imprese. Infine il payback ospedaliero, che le industrie dei generici chiedono di cancellare, «almeno per imprese che contribuiscono al contenimento della spesa, con nuove modalità più ampie per garantire sostenibilità».

Tra gli obiettivi di medio periodo, creare un sistema equo di determinazione di prezzi a base d’asta per ridurre la pressione sui prezzi «come strumento di recupero di una competizione più sana». Creare le condizioni per gare economicamente vantaggiose inserendo «elementi qualitativi come la disponibilità di dosaggi, presenza di devices, affidabilità del fornitore, capacità di incidere sul costo del ciclo di vita». E puntare tutto sullo snellimento delle procedure di gara, con una digitalizzazione marcata e un ruolo direttivo e uniformatore dell’Anac.

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