ciclismo

Uno, due e Tre! Peter Sagan in Norvegia conquista il suo terzo mondiale consecutivo

di Dario Ceccarelli

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3' di lettura

Giusto così: perché è il Migliore. Un fenomeno. Un fenomeno che sta riscrivendo la storia del ciclismo. Uno, due e Tre! Peter Sagan, slovacco di 27 anni, conquista a Bergen in Norvegia il suo terzo mondiale consecutivo. Un tris che non ha precedenti. A quota tre, infatti, ci sono campioni come Binda, Van Steembergen, Merckx e Freire. Un club molto esclusivo. Ma nessuno di loro ha vinto per tre volte di seguito il titolo iridato.

Un record che lascia a bocca aperta. Non solo per le statistiche, che dicono e non dicono, ma per il modo, la facilità, con qui lo slovacco si è imposto: In volata, al fotofinish, davanti al norvegese Kristoff, ancora una volta beffato allo sprint. Terzo l'australiano Matthews, quarto Matteo Trentin che alla fine un po' sconsolato ammette: “ Niente da fare, loro sono di un altro livello”.
Ma torniamo indietro: fino alla volata, nel solito mucchio selvaggio, Sagan si era nascosto nel gruppo, ben mimetizzato, pronto a colpire, ma sempre un passo indietro a chi provava a lanciarsi in fuga. Mai visto. Mai notato. Come un cacciatore che aspetta la preda. E sa che che bisogna sparare un colpo solo, quello che non lascia scampo.

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Fino al volatone finale, e alla fucilata di Sagan, il taccuino rimane infatti vuoto. L'unica svolta avviene a una decina di chilometri dal traguardo quando il francese Julian Alaphilippe e il nostro Gianni Moscon, talento in grande crescita, prendono il volo dopo aver scollinato la salita di Salmon Hill l'unica pendenza di rilievo di questo circuito tra i fiordi della Norvegia.
I due prendono il largo. Guadagnano una decina di secondi. Forse possono farcela, se collaborano. Ma qualcosa va storto. Racconta Moscon: “ Julian voleva arrivare al traguardo da solo. Così ci siamo sfiancati. Al posto di darci i cambi, abbiamo speso molto energie per attaccarci. Alla fine inevitabilmente ci hanno ripresi. Peccato, potevamo farcela…”.

Peccato, già. Anche se la storia, anche quella del ciclismo, non si fa con i “se” e i “ma”. Quello che succede dopo, non ripreso per un fantozziano black out della tv norvegese, è che la coppia scoppia e che il gruppo dei big la risucchia.
Le immagini (quelle della telecamera fissa) mostrano solo la bagarre dell'arrivo. E qui avviene il terzo miracolo di Sagan. In una selva di gambe, gomiti e manubri, lo slovacco, incollato alla scia di kristoff, ai 200 metri si lancia verso il traguardo. Nel testa a testa, Sagan, grazie anche a un colpo di reni, ha la meglio. Ma è una questione di centimetri. Tanto è vero è vero che Peter neppure esulta.
“Mi spiace per kristoff, che correva in casa” racconta Sagan dopo la vittoria. “Gli chiedo scusa, ma per me è una bella soddisfazione. Non era semplice, ho seguito l'istinto, ma non si poteva prevedere nulla” precisa lo slovacco che poi dedica il titolo a Michela Scarponi, il corridore toscano morto in un incidente stradale prima del Giro d'Italia. “Questo lunedì è il suo compleanno, era un grande corridore e un grande amico”.

Parole che lasciano il segno. E che danno la caratura di un campione fuori dal comune. Un talento che corre senza pressioni e senza stress. “La mia tattica? Io corro per l'Istante” aveva detto alla vigilia ironizzando sui colleghi che aveva provato e riprovato il percorso del Mondiale. Questo, per la cronaca, è il suo centunesimo successo di una carriera che ha ancora molte pagine da scrivere.
E gli azzurri? Un'altra delusione. Bravo Moscon, bene Trentin, arrivato a un passo dal podio. Resta però una sensazione di inadeguatezza. Dal 2008, ultima vittoria di un azzurro (Ballan), siamo sempre in bianco. E anche questa volta, nonostante il buon lavoro della squadra, torniamo a casa a mani vuote. Lo conferma anche il citi Davide Cassani: “ Questo quarto posto purtroppo non ci soddisfa. Abbiamo corso bene, ottimo Moscon che in precedenza era anche caduto, però non posso dire du essere contento…”.

Vero, qualcosa non va. Non eravamo i favoriti, d'accordo. Proprio per questo, visto che con avversari di questo calibro in volata non c'è speranza, forse era il caso di rischiare qualcosa. Almeno provarci. Sparigliare la corsa. Tanto di un bel quarto posto non si ricorderà nessuno.

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