South Carolina, la guerra culturale da Strom Thurmond a Donald Trump

Le primarie repubblicane del South Carolina sono state vinte con il 58,9% da Donald Trump sull’ex governatrice NIkki Haley che, pur avendo raccolto solo il 39,5% dei voti, ha dichiarato di non abbandonare la competizione di partito. Il cammino verso la nomination dell’ex-presidente Trump per ora continua. Tuttavia, nella sfida tra i due partiti che si terrà a novembre il risultato del South Carolina non ha un particolare valore in quanto negli ultimi decenni i 9 voti del collegio elettorale dello “stato del palmetto” sono sempre andati ai repubblicani, né vi sono segni che la tendenza possa cambiare. South Carolina, una delle 13 colonie del sud che in origine contribuì alla costituzione degli Stati Uniti, fu abitata fino a metà Ottocento da una maggioranza di schiavi afroamericani addetti alla coltivazione del cotone, ed oggi è uno stato di oltre 5 milioni di abitanti, per il 68,9% bianchi e il 26,3% neri che stabilmente vota in maggioranza “rosso” repubblicano. Il passaggio da una consolidata maggioranza democratica sudista che teneva banco fin dalla Guerra civile – dixiecrat – all’egemonia elettorale repubblicana fondata sulla cultura tradizionalista e evangelico-integralista si compì intorno alla metà degli anni ‘60 del Novecento quando il senatore anti-integrazionista, Strom Thurmond si pronunziò a favore del candidato presidenziale repubblicano di destra Barry Goldwater, abbandonando il democratico texano Lindon Johnson che si era schierato a favore dei diritti civili. Nato nel 1902, Thurmond è stato il più importante politico sudista che ha compiuto l’intera sua carriera nel South Carolina proiettandosi come emblema del segregazionismo sulla scena nazionale. Combattente nel 1944 in Normandia, diviene governatore dixiecrat dello stato dal 1947 al 1951, poi si presenta come “terzo candidato” alle presidenziali del 1948 con l’etichetta di “Partito democratico per i diritti degli Stati”, vincendo i voti elettorali di quattro stati del sud, e successivamente nel 1954 viene eletto a furor di popolo al Senato federale dove per mezzo secolo viene sempre riconfermato fino alla scomparsa da centenario nel 2003. L’orizzonte istituzionale di Thurmond superava la stessa ispirazione razzista di cui era il simbolo vivente. La sua tenace opposizione all’integrazione degli afro-americani muoveva dall’avversione a Washington che, a suo parere, imponeva con leggi e sentenze federali un modo di vivere estraneo alle popolazioni del sud. Il senatore del South Carolina volle sempre chiarire di essere il difensore dei diritti degli stati, per cui nell’ultima parte della vita riconobbe la necessità dell’integrazione razziale purché fosse decisa dallo stato e non provenisse dai “burocrati” di Washington. Questa impostazione populista si ritrova oggi nelle sentenze costituzionali - in quella sull’aborto della Corte Suprema e in quella sugli embrioni della Corte dell’Alabama – che sentenziano la prevalenza del diritto degli stati rispetto alle decisioni legislative e giudiziarie federali. La storia di Strom Thurmond torna d’attualità con le posizioni di Donald Trump, anche se l’ex-presidente probabilmente non ha mai sentito parlare del suo predecessore che era motivato da ben altro standard istituzionale. Trump parla di sé come di un “combattente per la libertà” quale “unica salvezza per l’America inviata dal cielo contro la tirannia della cultura degenerata imposta da Biden”. Molti temi del tradizionalismo culturale e del nazionalismo cristiano che furono agitati dall’antico campione dell’anti-integrazionismo sono oggi ripresi dai consiglieri del candidato repubblicano quasi a stabilire una continuità con la storia americana che sfociò nella Guerra civile. Le iniziative statal-populiste del longevo senatore del South Carolina che ha il record del filibustering contro i diritti civili - 24 ore,18 minuti -, riappaiono in un manifesto dei militanti MAGA di Trump, addirittura con gli stessi termini del “Southern Manifesto” promosso da Thurmond nel 1954 quando diede il via alla campagna contro la sentenza della Corte Suprema “Brown v. Board of Education” che mise in moto nel sud il movimento per i diritti civili portato da Martin Luther King e dai giovani dello Student Nonviolent Coordinating Commette (SNCC) a Washington per sostenere l’approvazione del Civil Rigths Act del 1964.

Inserti

Ancora su HuffPost

Guest

Tutte le sezioni

Potus

South Carolina, la guerra culturale da Strom Thurmond a Donald Trump

Video del giorno

Leggi anche

Tahar Ben Jelloun: "La protesta degli studenti è contro l'occupazione di Israele, non contro gli ebrei"

Piano B. Usa e Arabia Saudita studiano un accordo di difesa senza Israele

Rassegna dei populismi d'America e unicità di Donald Trump

In Arizona abrogata la legge del 1864 che vietava completamente l'aborto

Home

"Gli studenti protestano, ma non sanno per cosa. Vedo molta confusione nei loro sogni”

ARMI SÌ, UOMINI NO
ll mantra Meloni sull'Ucraina (col doppio no di Salvini)

PASQUA ORTODOSSA SOTTO I MISSILI DI MOSCA
Kiev si prepara, la Nato si preoccupa, l'Europa (al solito) tentenna

LA GUERRA IBRIDA DI MOSCA
Berlino e Praga denunciano attacchi hacker, sul Baltico il gps disturbato degli aerei