Il triangolo di Weimar. Una nuova Nato accanto alla vecchia: la Ue prende sul serio Trump, l'Italia no

“Vogliamo lanciare un segnale comune per dire che siamo pronti a dimostrarci solidarietà nelle situazioni più difficili. Stiamo ricostruendo il triangolo di Weimar”. Parigi è la prima tappa del mini-tour europeo di Donald Tusk. Nel pomeriggio il premier polacco è a Berlino. L’allarme è alto nelle cancellerie, soprattutto a Varsavia dove il nuovo governo di centrodestra, subentrato ai sovranisti del Pis, è pronto a qualsiasi forma di collaborazione europea per rafforzare le difese contro Mosca, in caso di vittoria di Donald Trump alle presidenziali di novembre negli Usa. All’indomani delle dichiarazioni del tycoon contro gli Stati che non contribuiscono abbastanza alla Nato e le sue minacce di uscire dall’Alleanza Atlantica, Tusk è da Emmanuel Macron e poi Olaf Scholz per resuscitare niente meno che l’asse strategico del 1991 tra Polonia, Francia e Germania. Il cosiddetto ‘Triangolo di Weimar’, firmato nell’omonima città oltre trent’anni fa, fu pensato contro la minaccia sovietica. Ora c’è la Russia di Putin, da un lato. Ma dall’altro lato dell’Atlantico rischia di tornare un presidente che nel suo primo mandato aveva più amici a Mosca che a Bruxelles o nelle capitali europee. “L’Europa ha bisogno di una seconda assicurazione sulla vita", oltre alla Nato, dice il ministro degli Esteri francese, Stéphane Séjourné, dopo le parole di Donald Trump sull'Alleanza atlantica. Mentre Tusk vede Macron, Séjourné riceve a Parigi gli omologhi tedesco e polacco. “Ci serve una seconda assicurazione sulla vita - insiste - non in sostituzione, non contro la Nato, ma in aggiunta”. L'Europa deve rafforzare le sue “industrie della difesa e prepararsi in caso di conflitto”, continua il ministro francese. "Questo è il significato della storia", aggiunge, sottolineando che non si tratta di interferire nelle elezioni americane ma che è necessario prepararsi alla possibilità che il repubblicano Donald Trump ritorni alla Casa Bianca. Come? Passando “da una guerra di posizioni a una guerra di soluzioni", sul versante della difesa europea, anche per evitare di dipendere ogni quattro anni dalle elezioni americane. “L’Alleanza atlantica non è un contratto con una compagnia di sicurezza”, dice da parte sua il ministro polacco Radoslaw Sikorski, criticando le parole di Trump sui paesi che non contribuiscono abbastanza alle spese dell’Alleanza. Il ministro degli Esteri polacco annuncia che a breve si recherà a Washington: “Non ci lasceremo dividere, l’autonomia strategica europea deve svilupparsi in armonia con gli Stati Uniti d’America”. Da qualche mese più di qualcosa è cambiato a Varsavia. Il nuovo governo Tusk con la sua cifra europeista vuole rilanciare il dibattito sulla difesa comune europea, a differenza del predecessore sovranista Mateusz Morawiecki, che puntava a rafforzare la Nato in funzione anti-Putin e ostacolava qualsiasi iniziativa di cooperazione militare europea. Il punto è che il nuovo corso polacco rischia di arrivare tardi all’appuntamento con la storia. Il possibile ritorno di Trump alla Casa Bianca potrebbe innescare un’accelerazione del progetto di difesa europea in una Europa dove non tutti sono d’accordo (c’è sempre l’incognita Orban) e molti fanno fatica a immaginare una Ue solida e autonoma dagli Stati Uniti, per giunta in poco tempo. Di fatto, oggi l’iniziativa è solo franco-tedesca e polacca. Basti questo per rendere l’idea della frammentazione con cui le cancellerie dell’Unione ricevono i sondaggi sulla rimonta di Trump, ma anche quelli sulla debolezza di Joe Biden. L’Ue è divisa rispetto ad una prospettiva di incertezza negli Usa. In Commissione Europea non vogliono fornire dettagli, ma nei dipartimenti che si occupano di commercio e import e export è alto il livello di allarme rispetto a quanto potrebbe accadere con un bis di Trump alla Casa Bianca. A Palazzo Berlaymont, i collaboratori del commissario all’Industria Thierry Breton e alla Concorrenza Margrethe Vestager hanno cominciato a studiare la questione. Il rischio è che il tycoon riprenda da dove ha lasciato, dichiarando nuove guerre commerciali all’Unione Europea. Magari per colpire la Cina, ma senza preoccuparsi di evitare di mettere nel mirino i paesi dell’Ue. Nel suo primo mandato, Trump aveva imposto dazi su alluminio e acciaio. Ursula von der Leyen, malgrado l’ottimo rapporto politico e personale con Biden, non è riuscita a eliminarli del tutto, ma solo a sospenderli fino al 2025. Per il successore sarà semplicissimo riattivarli, in caso. "Stiamo disponendo un processo interno strutturato per prepararci a qualsiasi risultato delle elezioni presidenziali Usa - si limitano a dire dalla Commissione europea - È qualcosa che stiamo preparando e al momento non abbiamo altre informazioni specifiche su chi lavori su cosa”. E naturalmente l’allarme è altissimo al quartier generale della Nato a Bruxelles. Le parole di Donald Trump sono "contrarie allo spirito della Nato" dato che l'articolo 5 è "l'anima dell'alleanza" e così facendo "mette in dubbio" il nucleo degli interessi della Nato, dice un'alta fonte diplomatica alleata. Trump poi sbaglia, perché gli alleati europei "sono impegnati nel processo di aumentare" le spese alla difesa, facendo "la cosa giusta". "Non avviene dalla sera alla mattina, in alcuni casi si parla di raddoppi del bilancio", spiega. In questo contesto la Germania, ad esempio, nel 2024 raggiungerà il 2 per cento del Pil e forse lo supererà, toccando quota 2,1 per cento. "Trump danneggia anche la sicurezza degli Usa”, aggiunge la stessa fonte. Il problema sono i paesi ad alto debito, come l’Italia, che non possono permettersi di spendere di più per la difesa senza appesantire ulteriormente il disavanzo. Nella riforma del Patto di stabilità e crescita infatti, nemmeno le spese militari figurano come voce che è possibile scorporare dal calcolo del deficit. La Polonia invece è in linea con i contributi all’Alleanza Atlantica. Varsavia spende il 3,9 per cento del pil, quasi il doppio della soglia minima richiesta. Uno sforzo che rischia di rivelarsi inutile, se Trump fa a pezzi la Nato. “Ora per la prima volta, un governo della Polonia dice che il rafforzamento della capacità di difesa e sicurezza europea non è in contraddizione con la Nato”, spiega alla Reuters Dietmar Nietan, funzionario tedesco che si occupa della cooperazione con la Polonia. “L’Europa deve agire insieme, si tratta di fornire una risposta a cosa accadrebbe se Trump vincesse le presidenziali. Non abbiamo tempo: dobbiamo avere una industria della difesa più solida”, dice una fonte del governo polacco, sottolineando la necessità che l’Ue sviluppi al più presto una capacità di produzione comune di munizioni in generale e per rispondere alle richieste di Kiev, il primo avamposto della reazione occidentale a Putin che potrebbe cadere in caso di ritiro degli Usa da parte di Trump. Dagli Usa intanto il ‘sistema Biden’ cerca di rilanciare e tutelare l’immagine della Nato, nonché dell’amministrazione Democratica: "Con Joe Biden la Nato è diventata più forte che mai”, dice il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana in un briefing con la stampa. “Gli Stati Uniti difenderanno ogni centimetro di territorio della Nato”. Ma questo non cambia il senso dell’urgenza avvertita ormai a Parigi, Varsavia e Berlino. “Ogni relativizzazione" del sostegno all'Alleanza atlantica è "irresponsabile e pericolosa”, dice Olaf Scholz, che oggi, oltre all’incontro con Tusk, ha in agenda anche la cerimonia di inaugurazione della nuova fabbrica di munizioni della Rheinmetall a Unterluess. Per il cancelliere, l’Europa deve aumentare la produzione di armamenti in modo massiccio e urgente perché ora il continente "non vive in tempi di pace". Gli Stati membri devono unire ordini e finanziamenti per fornire all'industria della difesa garanzie di acquisto per i prossimi decenni, spiega Scholz giudicando insufficienti gli sforzi bellici europei per l’Ucraina e assicurando che la Germania continuerà a spendere il 2 per cento del pil per la Nato. Ma, aggiunge, “dobbiamo passare dalla produzione manifatturiera a quella di massa di armamenti", "coloro che vogliono la pace devono essere in grado di scoraggiare con successo gli aggressori". Ciò che accadrà in Ucraina deciderà "se il nostro ordine di pace, il nostro mondo basato sulle regole avrà un futuro", la Russia deve "fallire nel tentativo di inghiottire il suo vicino con la forza". Il nuovo stabilimento di Rheinmetall inizierà la produzione nel 2025, 50.000 proiettili all'anno, prima di raggiungere progressivamente la sua piena capacità annua di 200mila pezzi. Quest'anno l'azienda punta a produrre complessivamente fino a 500.000 munizioni, un aumento di sette volte superiore rispetto alla produzione annua di 70.000 prima della guerra in Ucraina. Tusk, Macron e Scholz provano a imbastire una risposta a Trump. Lo stesso attivismo non si vede nelle altre capitali, a cominciare dall’Italia, dove la premier Giorgia Meloni, pur avendo sviluppato ottimi rapporti atlantici con Joe Biden, viene da un passato politico molto vicino al tycoon americano. E in questo senso, Roma comincia a essere un’incognita a Bruxelles. Un’incognita che fa rima con i sondaggi che segnalano la vittoria delle forze euroscettiche alle europee di giugno.

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