Gramellini difende Beatrice Venezi dal “machismo” musicale. «Nessuno si indigna perché è di destra»

26 Gen 2024 10:18 - di Lucio Meo

Un po’ a sorpresa, considerando la tradizionale inclinazione politica di Massimo Gramellini, l’editorialista del “Corriere della Sera” oggi dedica la sua riflessione quotidiana alla vicenda surreale di Beatrice Venezi, il direttore d’orchestra amico della Meloni e vicino alla destra preso di mira da alcuni orchestrali di Palermo per la sua presunta incapacità di dirigere. Una polemicuccia sterile e strumentale su cui “Repubblica“, da giorni, insiste dando spazio solo a chi ha mosso critiche, dando di fatto alla Venezi della “raccomandata”, ma sorvolando sugli orchestrali che invece l’hanno pubblicamente lodata. Oggi si arriva al punto di sostenere che i “critici” sarebbe stati redarguiti, non si sa bene da chi, e invitati a tacere.

Gramellini sposa la teoria del “machismo” contro Beatrice Venezi

“Machismo” di sinistra, “machismo” musicale, lo avevamo definito ieri sul Secolo d’Italia. E oggi Gramellini scrive più o meno le stesse cose. “Se non fosse stata di destra, come donna in tanti l’avrebbero difesa, invece…”.

Non ho la competenza per assecondarli e nemmeno per smentirli – scrive oggi Gramellini riferendosi agli orchestrali critici – Prendo solo atto che i loro giudizi non hanno provocato una levata di scudi in sua difesa, come invece sarebbe accaduto se a essere attaccata sul piano della professionalità, addirittura della legittimità a occupare un ruolo di comando, fosse stata una qualunque altra donna non schierata politicamente da una certa parte, cioè a destra”. 
“Tutti, magari sbagliando, avrebbero interpretato le parole degli orchestrali come un inaccettabile attacco sessista a una musicista che ha il grave difetto di essere femmina, per di più giovane e fotogenica. E sarebbero fioccati i riferimenti gonfi di sdegno alla discriminazione di cui continuano a essere vittime le donne, ogni qual volta cercano di affermarsi in ambiti lavorativi prevalentemente maschili. Ripeto, non sono in grado di escludere che gli orchestrali abbiano ragione e che sul podio Venezi non sappia quando scatenare i violini e far tacere i tromboni (o viceversa). A sorprendermi non è il giudizio musicale di chi la critica, ma il pregiudizio ideologico di chi non la difende. Ancora talmente radicato — nell’Italia del 2024 — da prevalere su tutto, persino sulla solidarietà di genere”, conclude il giornalista e conduttore de “La 7“.

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