Un tuffo in centro. La Senna è solo l'ultimo fiume d'Europa divenuto balneabile. E l'Italia può solo guardare

Liberata dal bando secolare imposto dalla sua inquinata fama, la Senna a Parigi rinasce in vista delle Olimpiadi estive del 2024. Il programma dei giochi parigini stabilisce infatti che tre eventi olimpici e paralimpici – triathlon, maratona di nuoto e paratriathlon – avranno come scenario il fiume d’oltralpe. Con entusiasmo, la sindaca Anne Hidalgo ha anche annunciato che tre aree del corso d’acqua saranno destinate a diventare balneabili, accessibili dal molo e aperte al pubblico a partire dall'estate del 2025. L'eccezionale progetto di rigenerazione fluviale, del valore di 1,4 miliardi di euro, ha dimostrato il suo successo, permettendo ai parigini di godere già da qualche anno delle piacevoli Paris Plages, un'oasi di sabbia, ombrelloni e giochi da spiaggia allestita lungo le banchine della Ville Lumière durante la stagione estiva. Fin dal 2017, inoltre, i cittadini del Nord della città possono tuffarsi nel rinfrescante Canal de l'Ourcq. Pierre Rabadan, il vicesindaco della capitale francese e responsabile delle Olimpiadi, ha espresso fiducia negli ulteriori miglioramenti, affermando che vedere gli atleti nuotare nella Senna porterà le persone a riscoprire questo tesoro cittadino. “È il nostro contributo per il futuro”, ha detto. Come altre città europee, Parigi ha visto la qualità del suo fiume diminuire drasticamente a causa delle acque reflue industriali a monte e delle esigenze igienico-sanitarie di una popolazione cresciuta nel corso dei decenni. Ma oggi sono tante le località che riescono a garantire elevati standard di fruibilità nelle acque dell’entroterra. In Svizzera, per esempio, la qualità della maggior parte dei fiumi e dei laghi è elevata e l'Ufficio federale dell'ambiente (UFEV) ha dichiarato che le acque sono balneabili "praticamente ovunque". Il lungofiume Oberer Letten, a Zurigo, è uno dei pochi posti in cui è possibile fare un tuffo nel centro di una città: dispone di un canale lungo 400 metri, con un trampolino alto 2 metri. Ci sono anche una piscina per i non nuotatori, due campi da beach volley, un campo di bocce e una terrazza solarium. Non mancano, ovviamente, ristoranti e bar. Nel centro di Basilea, invece, si nuota anche nel Reno. Spostandoci in Austria, a Vienna, troviamo l’isola di Donauinsel: originariamente costruita per proteggere la città dalle inondazioni tra gli anni Settanta e Ottanta, oggi ospita oltre duecento metri di spiagge sabbiose e offre sentieri per pedoni e ciclisti, nonché la possibilità di godersi un aperitivo al tramonto in uno degli eleganti locali che la popolano. Nel cuore di Graz, poi, c’è la Mur Beach Graz, una vera propria spiaggia che garantisce divertimento estivo fino a settembre. È poi possibile riconvertire e far tornare a vivere fiumi che sembrano spacciati, proprio come è successo all'Isar, il fiume che scorre nella città di Monaco di Baviera, una volta il più inquinato della Germania e oggi meta per i cittadini che vogliono concedersi un bagno rinfrescante. A Berlino, invece, le rive del fiume Sprea sono attrezzate come veri e propri lidi costieri, anche se il corso d’acqua non è (ancora) balneabile: ecco perché la spiaggia Badeschiff Arena Berlin è dotata di una passerella di legno che la collega a una piscina galleggiante. In generale, secondo l’ultimo report dell’Agenzia europea dell’Ambiente (AEA), il dato sulla qualità delle acque di balneazione continentali (che comprende coste, laghi e fiumi) è molto positivo. Ma, quando si tratta di corsi d’acqua dell’entroterra e urbani, la situazione è più complessa: un quarto delle acque destinate alle attività balneari nelle città europee si trova in prossimità di laghi, distribuiti in più di 100 località, mentre solo 39 punti di balneazione urbana sono ubicati lungo i fiumi. Diverse capitali europee, tra cui Budapest, Helsinki, Parigi, Riga, Vienna e Vilnius, vantano siti di balneazione fluviale. Budapest ne offre due, Helsinki quattro, mentre Riga, Parigi e Vilnius hanno tre siti ciascuna e Vienna addirittura diciannove. In alcune città, sono presenti sia zone balneari lacustri che fluviali. Tuttavia, l’AEA evidenzia che “la gestione della qualità delle acque di balneazione urbane dei laghi risulta spesso meno complessa rispetto a quella dei fiumi, grazie alla geografia chiusa dei corpi idrici lacustri, rispetto agli ampi bacini dei fiumi e agli scarichi delle acque reflue provenienti dai numerosi impianti di trattamento lungo il corso fluviale”. Per questo motivo “i siti di balneazione lungo i fiumi possono essere considerati un segno di successo nella gestione delle risorse idriche di un intero bacino fluviale e, quando situati nelle aree urbane o a valle delle città, possono indicare un efficiente trattamento delle acque reflue”. L’autorità europea segnala, ad esempio, che a Copenaghen ed Essen le autorità cittadine hanno implementato sistemi di allerta avanzati per monitorare i rischi di inquinamento per la salute umana, consentendo una rapida gestione delle acque di balneazione urbane. Per non parlare, poi, del già citato progetto per rendere la Senna balneabile in vista delle Olimpiadi del 2024. “La buona qualità dell'acqua nei sistemi acquatici urbani – prosegue AEA –, soprattutto nelle acque destinate alla balneazione, segnala successo nella gestione delle problematiche legate allo sviluppo industriale del XX secolo in Europa. I principali problemi attuali includono i carichi di inquinamento provenienti dalle zone a monte che raggiungono le città lungo i fiumi, il trabocco dell'acqua piovana dalle fognature cittadine durante forti piogge, il deflusso superficiale improvviso dalle aree urbane pavimentate, la costruzione di argini artificiali lungo i fiumi, l'inquinamento da nutrienti (principalmente azoto e fosforo), la riduzione degli alvei fluviali e l'accumulo di rifiuti di plastica nelle acque di balneazione, oltre alla mancanza di vegetazione spontanea lungo le rive”. Tuttavia, conclude l’autorità, “molte città hanno dimostrato che il successo è possibile quando residenti, gestori ambientali, urbanisti e politici collaborano per un obiettivo comune”. E in Italia? Nel nostro Paese la cultura di balneazione fluviale, soprattutto in città, non è ancora diffusa. “Il problema italiano non è solo la balneabilità dei corsi d’acqua interni, ma la generale mancanza di interventi volti a incrementarne la qualità che ci rende fanalino di coda in Europa. Paesi come la Francia, l'Austria e la Germania investono molto su questo fronte, mentre noi scontiamo il disinteresse dei governi che si sono succeduti nei decenni e degli enti pubblici”, spiega ad Huffpost Andrea Goltara, direttore del Centro italiano per la riqualificazione fluviale (Cirf). L’esperto prosegue spiegando che "il nostro Paese, potendo contare su un importante sviluppo delle coste, ha sempre vissuto molto poco i corsi d'acqua interni. Esiste, dunque, anche una pressione pubblica meno forte rispetto alla necessità di migliorarne la qualità: un cittadino francese è in media più abituato a fare il bagno nel fiume rispetto a un italiano che, anzi, tende a non avvicinarvisi. È un circolo vizioso”. Gli enti pubblici nostrani – aggiunge Goltara – “tendono a non formalizzare la qualità e la balneabilità dei tratti fluviali, anche quando sarebbero fruibili o addirittura quando risultano già utilizzati dalla popolazione. In questo modo si evitano obblighi e responsabilità di monitoraggio”. Il direttore del Cirf spiega che, invece, “nelle poche aree del nostro Paese dove esiste una cultura fluviale un po' più sviluppata, come in Alto Adige, le sponde diventano una risorsa importante anche per il benessere della popolazione. Lo abbiamo visto nel periodo del Covid, quando gli spostamenti erano limitati: c'è stato un incremento esponenziale della domanda di fruizione degli spazi fluviali, le spiagge lungo i corsi d'acqua erano piene di persone che cercavano la natura a pochi passi da casa. Alcune ricerche inglesi, poi, mostrano che fiumi e laghi di buona qualità aumentano il valore delle case che si trovano nei pressi delle loro rive”. Tra gli esempi italiani virtuosi – spiega Goltara – c’è il fiume Talvera, “che attraversa il centro della città di Bolzano e, grazie alla sua buona qualità dell'acqua fisico-chimica, è molto utilizzato dai cittadini. Si tratta di un corso d’acqua che negli anni è stato oggetto di interventi per il miglioramento della fauna e della sicurezza, per la riduzione del rischio di alluvioni, ma anche per contenere i picchi di portata causati dalla forte produzione idroelettrica della zona”. Ma se in Italia, sulla falsariga di quanto avvenuto in Francia con la Senna, si volesse riqualificare e rendere balneabile un grande corso d’acqua urbano? Sarebbe possibile? Quali gli investimenti da affrontare? Il direttore del Cirf risponde che “prima di arrivare alla balneabilità, ci sarebbe bisogno di ripristinare la qualità fisico-chimica delle acque, nonché quella batteriologica, potendo contare su sistemi di depurazione efficienti ma anche su una buona vegetazione e su un buon ambiente circostante. L'esempio francese è significativo ma parte da lontano, con un progressivo avvicinamento della popolazione alle spiagge fluviali, seguito da una limitazione alla transitabilità in alcune zone, fino a grossi interventi sulla depurazione e sulla disinfezione delle acque. Credo che, prima di spingersi verso questo tipo di progetti, il nostro Paese dovrebbe concentrarsi su corsi d'acqua situati più in quota, dove le acque hanno meno problemi: il territorio nazionale lamenta ancora grosse difficoltà con la depurazione dunque. Prima di pensare a trattamenti avanzati, la strada da fare è ancora molta”. Accanto al ripristino della balneabilità, dunque, troviamo le opere di rinaturalizzazione fluviale, ovvero la reintroduzione, in un ambiente artificializzato, di quegli elementi morfologici caratteristici degli ambienti fluviali naturali che rivestono una fondamentale importanza nella funzionalità dell’ecosistema quali, ad esempio, la sinuosità del tracciato, i raschi, le buche, le barre, le calme, le aree di espansione delle acque, la vegetazione riparia. In senso ancora più lato, vengono trattati anche i metodi di restauro ambientale parziale e gli accorgimenti volti a minimizzare l’impatto ambientale delle opere fluviali e degli stessi lavori di manutenzione. Gli obiettivi, in questo senso, possono essere diversi: “Si va da interventi per ripristinare i processi naturali dei corsi d’acqua nei tratti urbani alla valorizzazione più in generale del fiume per attività ricreative, culturali e sociali creando quell’ambiente favorevole a un rinnovato rapporto tra fiume e città”, spiega ad Huffpost Claudia Vendetti, esperta dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), sottolineando che la fattibilità delle azioni dipende molto dal luogo. “Se pensiamo a un ambiente cittadino – spiega Vendetti –, bisogna considerare tutti gli impatti delle pressioni che sono a monte del tratto fluviale propriamente urbano: il fiume una volta arrivato in città ha spesso una situazione ambientale già compromessa. Dunque gli interventi, che possono essere di diversa natura, non sono semplicissimi, ma iniziano ad arrivare proposte in questo senso anche nel nostro Paese. Ad aprile di quest’anno, per esempio, è stato presentato un masterplan per rilanciare il tratto urbano del Tevere che, però, non ha tra i suoi obiettivi la balneabilità”. L’assessore all’urbanistica, Maurizio Veloccia, ha infatti spiegato che si tratta del “primo tassello” che consente di “immaginare il futuro delle sponde del fiume attraverso l’individuazione di aree strategiche e di materiali, arredi e soluzioni progettuali anche in termini di rinaturalizzazione degli habitat”. “Questo studio – ha aggiunto l’assessore – ci dà la possibilità di affrontare alcuni temi mai affrontati organicamente, per esempio quello dei barconi galleggianti, recependo il piano a stralcio dell’Autorità di Bacino. Un lavoro importante, quindi, che pone le basi per la fase successiva: la redazione del Piano strategico operativo del Tevere, al quale stiamo già lavorando”. Insomma: riqualificare un fiume, soprattutto in una grande città, non presuppone soltanto un grande investimento economico. Vendetti conclude affermando che serve “un nuovo approccio culturale che chiami in causa tutti i diversi portatori d’interesse pubblici e privati che intervengono a vari livelli sulla gestione del fiume, la quale non può prescindere dalla sensibilizzazione e partecipazione dei cittadini. Un ecosistema fluviale sano e fruibile a pochi passi dalle nostre case genera benefici per l'intera collettività”.

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