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john fultz

VERBANIA - 14-01-2023 -- A Verbania, come già aveva fatto con Charlie Yelverton, l’aveva portato Giuseppe Ramenghi, compianto professore di educazione fisica, dirigente e appassionato di basket. Era l’anno 2006 e sul Lago Maggiore sbarcò, per una breve esperienza durata qualche mese, una delle icone della pallacanestro italiana anni ‘70: John Fultz. Ex cestista giramondo diventato famoso col soprannome di Kociss, s’è spento ieri all’età di 74 anni a Bologna, dove viveva e dove in estate aveva avuto un incidente in moto dal quale non s’è mai del tutto ripreso.

Quando s’accasò sul Lago Maggiore stava scrivendo la sua autobiografia, data alle stampe solo nel 2011 col titolo “Mi chiamavano Kociss”. Ramenghi, che s’era prestato per aiutarlo nella stesura, gli aveva trovato casa, un posto da coach alla Polisportiva Verbano, ma anche una cattedra all’istituto Cobianchi, a seguire -in madrelingua inglese e con un incredibile bagaglio di storie da raccontare- gli alunni degli ultimi due anni dell’indirizzo linguistico moderno.

L’aveva fatto a modo suo, che era del tutto diverso dall’ordinario. Come la sua vita. Classe ‘48, nato nel Massachussets, dopo la carriera universitaria è osservato speciale dei Lakers. Non lo prenderanno mai, un po’ perché non accetta un contratto al minimo salariale, e un po’ perché il suo stile di vita da hippie anni ‘60 (sregolatezze comprese) è incompatibile con l’Nba. Vola oltreoceano e s’accasa a Varese, impiegato come straniero di Coppa. Poi è a Bologna, sponda Virtus, per tre anni. Alto quasi due metri, è un’ala tiratrice di grande efficacia e presenza. Gioca con una fascetta bianca sulla fronte che gli incornicia la zazzera: sembra un capo indiano e lo soprannominano Kociss, anche se lui amava dire d’avere nelle vene sangue seminole.

A Verbania è passato come una meteora e la chiusura della sua avventura non è stata ottima, ma per chi ha avuto modo di frequentarlo è stata un’esperienza.

 


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