Franco Casalini, addio a un allenatore simbolo dell’Olimpia Milano più vincente di sempre

di Daniele Dallera

La sua morte improvvisa per infarto, a 70 anni, scuote la casa del basket, spesso divisa, ma spontaneamente unita nel riconoscere le qualità umane e professionali di questo intellettuale dei canestri.

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Franco Casalini era un grande allenatore e, soprattutto, una persona per bene. La sua morte improvvisa per infarto, a 70 anni, scuote la casa del basket, spesso divisa, ma spontaneamente unita nel riconoscere le qualità umane e professionali di questo intellettuale dei canestri. Amava leggere, aveva sempre un libro in mano, poche parole ma spese sempre bene, mai i toni alti, e quell’ironia che accompagnava le sue riflessioni. Gli piaceva ascoltare, spesso le sue opinioni, eleganti e originali, preferiva tenerle per sé. Ma se interpellato, abbassava lo sguardo, quasi raccogliendo forze e idee, lo rialzava fissando per bene l’interlocutore, lo graziava con un sorriso, e regalava sempre una risposta intelligente. Non poteva essere diversamente. «Era ben voluto dai suoi giocatori, quando prende in mano l’Olimpia Milano, ricevendo una eredità difficile e prestigiosa, quella di Dan Peterson, la squadra tutta lo accoglie bene, lo segue», ricorda Toni Cappellari, il general manager di quello squadrone.

Campioni come Dino Meneghin, Bob McAdoo, Mike D’Antoni hanno subito abbracciato l’idea di promuovere quel vice allenatore del grande Dan che, però, era qualcosa di più di un vice, come osserva Cappellari «Casalini era il co-allenatore di Peterson». E vince subito, stagione 1987-88, la Coppa Campioni e quella Intercontinentale. E l’anno dopo lo scudetto, e che scudetto, quello di Livorno. L’Olimpia Milano ce l’aveva nel cuore Casalini («non è casa mia, di più, è la mia vita»), prima nelle giovanili e poi in serie A. Allenò a Forlì, a Roma, ma non era la stessa cosa. Casalini si è distinto anche come commentatore tecnico in tv, era questo un mestiere che lo divertiva, da persona seria studiava squadre, giocatori, schemi, spiegava e raccontava in modo semplice e sereno arricchendo l’appassionato. Ultimamente, racconta un suo amico, pareva affaticato, in particolare quando camminava, doveva prendersi delle pause. Quest’ultima è per sempre.

29 luglio 2022 (modifica il 29 luglio 2022 | 10:28)