3 aprile 2022 - 19:44

Atleta, mercenario, spia e infine attore: addio a Tullio Moneta

Dalla giungla centrafricana, dove le sue avventure ispirarono «I quattro dell’oca selvaggia», alla Hollywood che riteneva noiosa, fino al ritorno nelle Marche e la morte all’ospedale di San Severino

di Mario Parolari

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Tullio Moneta (foto Carlo Gentili)
Tullio Moneta (foto Carlo Gentili)

Campione di atletica, mercenario, spia e infine attore hollywoodiano. Dalla giungla centrafricana, dove le sue avventure ispirarono «I quattro dell’oca selvaggia», alla Hollywood che riteneva noiosa, fino al ritorno nelle Marche e la morte all’ospedale di San Severino. Lo scorso giovedì 31 marzo, all’età di 85 anni, Tullio Moneta anni ha calato il sipario sulla sua vita da film. Nato a Fiume, a sette anni si è trasferito a Macerata, dove ha vissuto fino al 1957, quando si è spostato in Umbria. Qui il suo fisico corpulento l’aveva favorito nella disciplina del lancio del peso, proiettandolo addirittura in orbita olimpiadi. Nel 1961 Moneta dovette però rinunciare al sogno olimpico per trasferirsi in Sierra Leone, ingaggiato da una compagnia commerciale francese. Tullio ha sempre amato l’Africa, fin da quando per lavoro ne copriva la costa occidentale, dal Senegal al Gabon. Così dopo un viaggio in Sudafrica nel 1964 aveva deciso di stabilirvisi, e lì ha vissuto la maggior parte della sua vita.

Il mondo del cinema

E proprio in Sudafrica Moneta aveva trovato i primi contatti con il mondo del cinema, grazie alla conoscenza di Luigi Tozzi, che aveva lavorato con il regista Gualtiero Jacopetti nel film «Africa addio», e alla sua grossa auto americana, che Tozzi voleva far apparire nei suoi film. Uno di questi film portò Tullio in Congo, al tempo devastato dalla guerra tra l’Armata nazionale e i ribelli Simba. La sete di avventure e di combattimenti di Moneta lo fece arruolare a Kinshasa come interprete francese e inglese di Mike Hoare del Quinto Comando. Entrato nell’esercito e addestrato dai parà belgi, Tullio combatté al fianco di britannici e sudafricani nella giungla congolese. Tra le storie di guerra che amava raccontare, narrava di quando si era svegliato con l’AK-47 di un nemico puntato al volto, delle due occasioni in cui era stato dichiarato morto e delle sofferenze dei suoi due gravi ferimenti durante degli agguati.

Gli ideali della resistenza

A guidarlo, raccontava, erano gli ideali della resistenza occidentale al marxismo e una personalità per natura guerriera. Tornato in Sudafrica dopo la guerra del Congo, fu un’altra macchina, questa volta una Rolls Royce, a riavvicinarlo al mondo del cinema. Le amicizie con grandi attori di Hollywood, tra cui Rossano Brazzi, Don Ameche e jack Palance gli garantì parti minori in film americani. Tra questi ‘The Lion’s share’ del 1985 con Venantino Venantini. Inoltre, quando le esperienze belliche di Moneta e Hoare ispirarono il capolavoro «I quattro dell’oca selvaggia», interpretato da Richard Burton e Roger Moore, Tullio e il comandante vennero ingaggiati come consulenti militari per le riprese. Era il 1973, e Moneta era ancora attivo come agente segreto in missioni tra Balcani, Russia e Medio Oriente. L’ultimo ruolo della vita di Moneta è stato quello di tranquillo imprenditore con diverse attività in Sudafrica, dove nel frattempo aveva avuto due figli. Ma prima di tornare nelle Marche nel 2015 e riprendere gli studi universitari, Tullio aveva suonato l’ultima carica assieme al suo compagno di avventure Hoare.

Il colpo di stato fallito e l’arresto

Nel 1981 gli era stato chiesto di rimettere al potere il presidente filoccidentale delle Seychelles James Mancham, deposto da un colpo di stato ordinato dal suo vice, che avrebbe comportato una svolta del paese a sinistra. La missione folle, consisteva nel rimettere Mancham al potere, ma non andò come previsto. I due furono arrestati per pirateria aerea, condannati e rilasciati grazie alle trattative internazionali. Con la sua scomparsa, si è conclusa l’epopea incredibile di Tullio Moneta, un personaggio d’altri tempi, una figura a tratti controversa, ma dal grandissimo bagaglio di avventure, che amava sempre raccontare.

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