sentenza ascensore

Sentenza prevenzione infortuni per l’amministratore di condominio

Cassazione Penale, Sez. 4, 16 marzo 2021, n. 10136 – Decesso della dipendente di una ditta di pulizie colpita dall’ascensore. Non vi è aggravante della violazione di norme in materia di prevenzione infortuni per l’amministratore di condominio

Fatto

1. D.F. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all’art. 589 cod. pen., perché in qualità di amministratore di condominio e quindi di committente dei lavori di pulizia della porzione superiore delle grate poste a protezione del vano ascensore, ometteva di verificare l’idoneità tecnico-professionale della srl “M.C.S.” nonché di effettuare una compiuta valutazione del documento di valutazione dei rischi della predetta società, relativamente alle operazioni di pulizia, ove non erano individuati rischi e pericoli riguardanti operazioni da svolgersi su grate e ascensori e non era prescritta la disattivazione dell’alimentazione dell’elevatore nel corso dei lavori di pulizia sulla griglia protettiva, e così concorreva con l’amministratore unico della MCS alla morte di P.P., dipendente di tale società, la quale, mentre svolgeva operazioni di pulizia della porzione superiore delle grate, veniva colpita dall’ascensore, azionato in discesa da una condomina, decedendo in conseguenza delle lesioni subite.

2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché l’amministratore del condominio non è titolare di alcuna posizione di garanzia, in quanto l’appalto dei lavori di ripulitura delle grate dell’ascensore era stato deciso ed assegnato mediante una delibera assembleare alla quale l’amministratore stesso era vincolato e a cui era tenuto a dare corretta attuazione, senza alcun autonomo potere di azione né di ingerenza in ordine ai lavori deliberati. L’assemblea condominiale valutò sia l’idoneità tecnica che la capacità organizzativa della impresa “MCS”.
2.1. L’impresa ha materialmente provveduto, avvalendosi di due dipendenti, alla pulitura delle grate dell’ascensore. Da ciò consegue che la disciplina di cui al d. lg. n. 81 del 2008 non può applicarsi all’amministratore D.F., il quale si limitò a dare attuazione alla delibera assembleare, non esplicando alcun ruolo nell’esecuzione e nell’organizzazione dei lavori. L’art. 26 d. lg. n. 81 del 2008 indica, infatti, espressamente e unicamente il datore di lavoro quale titolare degli obblighi in materia di sicurezza, non essendo possibile, in materia penalistica, in ossequio al principio di stretta legalità, estendere i detti obblighi ad altri soggetti. Il titolare dell’impresa, C., che ne era anche direttore tecnico, era quindi l’unico ad avere l’obbligo di impartire le istruzioni ai dipendenti e di verificarne l’esatta osservanza da parte di questi ultimi. E comunque i lavori deliberati riguardavano la pulizia delle grate esterne dell’ascensore, circostanza confermata dal C., in sede di interrogatorio. Si trattava di lavori assai semplici, che non richiedevano, da parte dell’amministratore, alcun controllo continuo e capillare.
2.1. Il giudice di primo grado ha inspiegabilmente omesso di condannare al risarcimento del danno anche il responsabile civile srl “MCS”, correttamente citato ma non costituitosi nel presente procedimento. Questa omissione, rilevata anche in sede di appello, ha avuto come effetto quello della mancata ripartizione della provvisionale anche nei confronti della impresa “MCS”. Nella sentenza impugnata il giudice d’appello, senza minimamente affrontare la problematica proposta dal ricorrente, in dispositivo ha esteso la condanna al risarcimento dei danni nei confronti dell’imputato C. Manolo al responsabile civile “MCS” srl, in solido con detto imputato. Orbene, posto che l’istanza per la concessione della provvisionale va trattata nel contraddittorio tra le parti, appare di tutta evidenza come la mancata estensione della condanna al risarcimento dei danni anche nei confronti del responsabile civile citato ma non costituito abbia violato il principio del contraddittorio.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.

3. Con memoria del 14 ottobre 2020, l’INAIL ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso e conferma della sentenza impugnata

Diritto

1.Il primo motivo di ricorso è fondato. Si è, infatti, condivisibilmente, ritenuto, in giurisprudenza, che l’ amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio può assumere, ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali, la posizione di “committente”, come tale tenuto all’osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico-professionale della impresa appaltatrice, di informazione sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro e di cooperazione e coordinamento nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione (Cass., Sez. 3, n.42347del 18/09/2013, Rv. 257276 – 01). Il giudice a quo avrebbe dunque dovuto analizzare la questione inerente alla ravvisabilità, in capo all’amministratore del condominio, di una autonomia di azione e di concreti poteri decisionali eventualmente conferitigli, in relazione ai lavori in esame, dalla delibera assembleare, tanto più che il tema era indissolubilmente connesso alle problematiche devolute alla Corte territoriale con i motivi di gravame. Tale profilo è invece del tutto estraneo all’apparato argomentativo della pronuncia impugnata, che si limita ad affermare apoditticamente che l’assemblea aveva deliberato all’unanimità la sostituzione della ditta incaricata della manutenzione dell’ascensore, lasciando poi l’amministratore arbitro della situazione e responsabile dell’impostazione del rapporto con la nuova ditta appaltatrice, senza chiarire da quali risultanze abbia desunto tale conclusione. Non è dato dunque comprendere se la srl “MCS” fosse stata individuata dall’amministratore, che avesse presentato all’assemblea tale impresa come affidabile, o da qualcuno dei condomini; se l’assemblea avesse valutato direttamente l’idoneità tecnico-professionale della impresa prescelta o se avesse dato mandato all’amministratore di verificarla; se la compiuta valutazione del documento di valutazione dei rischi fosse stata effettuata prima dell’assegnazione dell’incarico – e da chi – e dunque già tenuta in considerazione dall’assemblea all’atto dell’assegnazione dell’incarico o se l’assemblea avesse conferito mandato al riguardo all’amministratore; se l’assemblea non avesse dato alcuna precisa direttiva all’amministratore, conferendogli un’ampia autonomia decisionale ed operativa, oppure se lo avesse incaricato esclusivamente di dare pedissequamente esecuzione alla deliberazione assembleare, senza alcuna possibilità di ulteriore valutazione, da parte del D.F., dell’idoneità tecnico-professionale dell’impresa o del documento di valutazione dei rischi. Né significative indicazioni al riguardo sono desumibili, sia pur implicitamente, ma in modo sufficientemente chiaro, dal complessivo apparato giustificativo a sostegno della decisione adottata. Siamo dunque in presenza del vizio di mancanza di motivazione, che è ravvisabile non solo quando quest’ultima venga completamente omessa ma anche quando sia priva di singoli momenti esplicativi in ordine ai temi sui quali deve vertere il giudizio (Cass., Sez. 6, n. 27151 del 27-6-2011; Sez. 6, n. 35918 del 17-6-2009, Rv. 244763). Si impone, quindi, al riguardo, un pronunciamento rescindente.

2. Anche il secondo motivo di ricorso merita accoglimento. Non è, infatti, ravvisabile nel caso in esame l’aggravante della violazione di norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Al D.F. è stata, infatti, contestata la violazione degli artt. 26 e 90 d. lg. n. 81 del 2008. Ma i rilievi appena svolti impediscono di ritenere sussistente la violazione, da parte del D.F., dell’art. 90 d. lg. n. 81 del 2008. Al D.F. non può, infatti, essere attribuita la qualità di committente, poiché committente era il condominio di v. Corvisieri, n. 3, di cui il D.F. era rappresentante. Solo nel caso in cui fosse stato dimostrato il conferimento, da parte dell’assemblea condominiale, all’amministratore del potere di verificare l’idoneità tecnico-professionale della società MCS e di effettuare una disamina del documento di valutazione dei rischi della predetta impresa relativamente alle operazioni di pulizia, avrebbe potuto ritenersi applicabile al D.F. il disposto dell’art. 90 d. lg. n. 81 del 2008. Ma, come appena rilevato, nel tessuto argomentativo della pronuncia impugnata è riscontrabile al riguardo la più totale mancanza di elementi. Per quanto attiene invece all’art. 26, quest’ultima norma si riferisce esclusivamente al datore di lavoro e la sua portata precettiva non può essere estesa a soggetti diversi e non contemplati dalla norma. D’altronde, poichè l’imputazione contestata a D.F. è autonoma rispetto a quella mossa al datore di lavoro e cioè all’amministratore della srl “MCS”, non viene prospettata una cooperazione colposa fra quest’ultimo e l’amministratore del condominio, il quale dunque rimane estraneo all’applicazione dei precetti rivolti al datore di lavoro. In mancanza dell’aggravante della violazione di norme antinfortunistiche, il reato di cui all’art 589, comma 1 , cod. pen. è estinto per prescrizione, risalendo al 13-9-2010. In ordine ai profili che permangono sub iudice, la regiudicanda va pertanto devoluta alla cognizione del giudice civile ( Sez. U., n. 40109 del 18 luglio 2013, Sciortino, Rv. 256087).
3. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio, agli effetti penali, nei confronti di D.F., perché il reato è estinto per prescrizione. La medesima sentenza va inoltre annullata agli effetti civili nei confronti dello stesso D.F., nonché del condominio sito in Roma, v. Corvisieri n. 3, responsabile civile, con rinvio, per nuovo giudizio, al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimità. La natura rescindente di tale epilogo decisorio determina l’ultroneità della disamina dell’ultimo motivo di ricorso.

PQM

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali nei confronti di D.F., perché il reato è estinto per prescrizione. Annulla la medesima sentenza agli effetti civili nei confronti dello stesso D.F., nonché del condominio sito in Roma, v. Corvisieri, n. 3, responsabile civile, e rinvia, per nuovo giudizio, al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 20-10-2020.

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