Addio Carla Fracci, regina della danza che ha passato la vita a volare

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Etoile dei palcoscenici mondiali, si è spenta a Milano all'età di 84 anni

Se ne è andata sulle punte, a 84 anni Carla Fracci, una delle danzatrici più importanti al mondo. Malata da tempo, aveva come sua abitudine mantenuto il più stretto riserbo sul tumore che l’aveva colpita.

Nata nel 1936 a Milano in una famiglia di umili origini (il padre era un tramviere che tra gli alpini aveva preso parte alla seconda guerra mondiale sul fronte russo, la madre era un’operaia) la Fracci dal 1946 ha studiato alla scuola di ballo del Teatro alla Scala con Vera Volkova e altri coreografi, diplomandosi nel 1954. Dopo solo due anni è diventata danzatrice solista, per acquistare poi il rango di prima ballerina nel 1958. E da quel momento ha calcato i palcoscenici più prestigiosi, viaggiando instancabilmente e collezionando riconoscimenti, premi e ovazioni ovunque. Ha danzato con i più illustri partner della scena mondiale: da Rudolf Nureyev a Vassiliev, da Baryshnikov a Bortoluzzi, da Murru a Bolle, collezionando 200 immortali personaggi. Tra gli spettacoli che restano nella grande memoria collettiva e nell’immaginario di chiunque resta senza dubbio l’interpretazione di “Giselle”, con cui regalò al mondo un'interpretazione indimenticabile, talmente personale da diventare il suo vero e proprio cavallo di battaglia grazie al solo gesto di una mano, con cui la protagonista, per raccontare la sua follia, si scompiglia lo chignon perfetto.

Carla Fracci ben prima di Roberto Bolle si è generosamente concessa anche alla televisione, sia come danzatrice e ospite, basti ricordare il Milleluci con Raffaella Carrà nel lontano 1972,  e persino come attrice, nei panni della moglie di Giuseppe Verdi nello sceneggiato del 1982. E armata di una solida ironia, nei suoi abiti candidi che non ha mai abbandonato, si è prestata con amabile disinvoltura a essere la “vittima dell'imitazione di Virginia Raffaele, con cui, proprio nello show di Bolle ha duettato.

«Una ballerina assoluta»: così la descrisse il New York Times. E così verrà ricordata.