12 aprile 2021 - 19:03

Daniel Schinasi, muore il pittore «livornese» padre del neofuturismo

Avrebbe compiuto 88 anni il 17 maggio. Si è spento a Nizza, la sua seconda casa, dopo aver vissuto per anni tra Cecina e Casino di Terra

di Divina Vitale

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Si è spento all’alba, all’ospedale di Nizza, Daniel Schinasi, pittore ebreo, livornese di adozione, inventore del Neofuturismo. Il 17 maggio avrebbe compiuto 88 anni. Nizza era la sua seconda casa ma, in realtà, appena gli era possibile correva a Casino di Terra con la moglie, dove si trovava il suo studio d’artista. La casa si trova appena sorpassato il passaggio a livello del cartello che indica il paese, entroterra delle colline metallifere. Un artista nato ad Alessandra d’Egitto ma i genitori erano di origine livornese e per questo celebrato nel territorio: proprio a Cecina, nel giugno del 2016, aveva inaugurato un monumento dedicato alla memoria del rabbino Elio Toaff. Diplomatosi all’Accademia Silvio Bicchi era appassionato dei classici Tintoretto, Leonardo e Michelangelo. Le prime opere le espone proprio a Livorno nel 1958 mentre nel 1960 inaugura la prima mostra a Bottega d’Arte della città labronica. Le sue tele sono state esposte in tutto il mondo ma con la Val di Cecina aveva un rapporto di ispirazione continua. Tra le campagne, il mare, i colori e i profumi del territorio vantava la propria linfa d’ispirazione creativa. Il suo studio era pieno di tele che raccontavano tutta la sua vita artistica, un uomo gentile, pieno di vita, appassionato. La sua è stata una vita in movimento, come per tanti, tra le sue opere più conosciute murales, pannelli e vetrate nelle stazioni ferroviarie tra Pisa, Nizza, Parigi, Madrid. E ancora nei teatri d’opera come a Tel Aviv in Israele. Aveva anche dipinto il ritratto del poeta Giosuè Carducci proprio a suggello del profondo legame con il territorio toscano. Le mostre con le sue opere hanno girato le gallerie di tutto il mondo dagli Stati Uniti alla Nuova Zelanda. Era un fuggiasco come tanti italiani che alla metà degli anni Cinquanta lasciarono il paese di origine in nave, per raggiungere l’Italia, a causa della crisi di Suez.

Ed è proprio in Italia che ha scritto la sua storia d’artista. Ha vissuto a Parigi prima di approdare a Cecina, dove è rimasto per 17 anni. Infine si è rifugiato a Casino di Terra. A Parigi aveva mantenuto lo studio e fino al ’94 ha fatto il pendolare. «Viaggiavo la notte – raccontò in un’intervista al mensile Bolgheri News - vedevo le grandi gigantografie ingiallite e decisi di disegnare sui muri. In viaggio ho disegnato tantissimo: viaggiatori, tantissimi ritratti, le sale di aspetto ecc...». Il suo con il mercato dell’arte è sempre stato un rapporto contrastato. «Ho venduto tanto ma mai la mia anima – dichiarava nell’intervista - il mio corpo ai mercanti. Ho strappato tanti contratti di lavoro. Vendevo per vivere». Lavorò anche alla Piaggio per tre anni ma poi si licenziò per dedicarsi completamente alla pittura. «Il Neofuturismo esisteva già come corrente letteraria – raccontava - ma la mia pratica artistica è completamente diversa. La mia posizione è di conflitto. Ho scoperto nella natura prima i tasselli rettangolari e quadrati, dopo la geometria. La natura è creata con una geometria perfetta. Dal tassello sono così passato a forme geometriche più larghe con la spatola, dal pennello dell’impressionismo al tassello che è diventato quasi un mosaico. Una pittura molto disciplinata, rigorosa, pulita nell’impasto e nella preparazione del colore. Con la figura dell’uomo sempre al centro. L’arte come rinnovamento contro il consumismo». Lascia la moglie, i due figli e un enorme patrimonio artistico di grande valore.

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