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E' morto monsignor Magarotto, fu vescovo di Chioggia e Vittorio Veneto

Aveva 93 anni. Umile, le sue prediche erano brevissime: testimoniava il Vangelo con i fatti prima che con le parole.

Francesco Dal Mas
2 minuti di lettura

VITTORIO VENETO. Se n'è andato in punta di piedi, monsignor Alfredo Magarotto. Senza troppi segnali premonitori o preavvisi. Come era solito fare in vita, quando faceva visita ai suoi preti, tanto che era stato soprannominato Zorro.

Quinto di nove fratelli, di cui tre entrati nelle file dei Salesiani, era nato a Pernumia, nel Padovano il 16 febbraio 1927. Ordinato sacerdote il 9 luglio 1950, si è laureato in Giurisprudenza all'Università di Padova ed ha ottenuto la licenza in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense. Vicario generale della diocesi per circa diciassette anni, in questa veste

Magarotto viene ancora ricordato per aver dato l’unzione pubblica degli infermi al vescovo del tempo, monsignor Filippo Franceschi, colpito da una gravissima malattia, davanti ai fedeli e a settecento preti della diocesi, come il vescovo stesso aveva chiesto. Nel 1990 diventa lui stesso vescovo di Chioggia. Dopo 7 anni passa a Vittorio Veneto, fino al 2003, quando gli succede mons. Giuseppe Zenti.

Magarotto torna in diocesi, come amministratore, nell’attesa che monsignor Corrado Pizziolo sostituisca Zenti. Tornato nella diocesi di Padova, negli ultimi anni ha deciso di risiedere presso l’Opera della Provvidenza di Sant'Antonio a Sarmeola di Rubano.

Si è spento lentamente, amareggiato, fra l’altro, dalla condanna a un anno e 4 mesi per falsa testimonianza, tutto scaturito da una lettera scritta di suo pugno, nell’ambito una causa civile all’interno della famiglia. A Vittorio Veneto è stato uno dei vescovi che si è fatto più apprezzare.

Nonostante l’età avanzata girava in bicicletta per la città e i parroci hanno continuato ad invitarlo per le cresime anche dopo che era andato in quiescenza. Brevissime le sue omelie. Testimoniava il Vangelo con i fatti prima ancora che a parole.

"Monsignor Magarotto è stato il vescovo che mi ha ordinato prete insieme ad altri cinque confratelli nel settembre del 1998 – fa memoria don Alessio Magoga, direttore del settimanale ‘L’Azione’ -. Ricordo che volle che alla fine della messa noi sei preti novelli lo benedicessimo, tutti insieme: un gesto di umiltà che ci colpì molto. Ho tanti cari ricordi legati alla sua persona: la sua sobrietà, la sua fede, la sua tenacia. Non dimenticherò mai la sua vicinanza nei momenti di maggiore fatica: il suo era un modo di farsi prossimo molto concreto, che dava fiducia e allo stesso tempo prospettava soluzioni".

"In 90 anni di vita non ricordo di avere mai passato una giornata in malattia – rivelava tre anni fa -. Mi sento privilegiato, pur avvertendo un progressivo decadimento generale". Un vescovo, Magarotto, puntualmente conciliare. "Conservo ancora viva l’emozione provata nel primo incontro che ebbi con Papa Francesco, poco dopo la sua elezione – ricordava anche recentemente -. La Chiesa che egli sogna è una Chiesa in uscita, una Chiesa in missione. Mi sembra sia questa anche la scelta pastorale della Chiesa di Vittorio Veneto".

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