
“Ebbene sì, anche a noi è toccato di ingaggiare un corpo a corpo col virus nato e scappato dalla Cina, una lotta senza esclusione di colpi, anche i più subdoli, un ring sul quale uno vince e uno perde, il pareggio non esiste, ecco perché ci siamo messi a testa bassa e senza mollare mai abbiamo reagito e picchiato duro anche quando il termometro superava i 40 gradi, abbiamo vinto e, seppure un po’ malconci, siamo tecnicamente guariti in attesa che il tampone di controllo ci confermi la libertà restituita.
Eppure quello che più ci ha fatto male e lasciato nella disperazione è stata l’impossibilità di partecipare al funerale di Arturo Diaconale, di un ultimo saluto da vicino al fratello più grande, al direttore, all’Amico speciale di 30 anni e mille battaglie, al compagno di viaggio di tanti impegni e d’avventure, un dolore immenso, doppio, quello del corpo e quello dell’anima, ma tant’è, la vita continua e tira dritto.
Nel mentre di questa difficilissima esperienza personale, l’Italia giallorossa è andata scivolando dal male al peggio, finita dentro un buco nero, un caos, una vergogna che griderà vendetta di fronte alla storia e alla memoria del Governo più di sinistra, più incapace, incosciente, arrogante e supponente che ci sia stato mai. Perché, sia chiaro, quello che vediamo non è sorpresa, imprevisto, oppure il destino cinico e baro, ma il precipitato di una certezza, perché si sapeva eccome che i giallorossi ci avrebbero portato allo sprofondo, allo sbando e alla disperazione.
Che fossero politicamente incapaci, ipocriti, inadatti, uniti solo dal potere e dalla voglia di impedire che il centrodestra andasse al governo, che fossero il peggio certificato, sarebbe bastato pensare a Roma, che non avessero un filo di preparazione si sapeva e molto bene, insomma ci hanno intortato a partire dalla negazione di un nuovo voto l’anno scorso. Eppure si sarebbe potuto votare, anzi si sarebbe dovuto votare se si fosse avuta a cuore l’Italia e il suo futuro, se si fosse avuto quel senso intimo dell’amor patrio, del bene collettivo, visto che solo l’ipocrisia poteva spingere a lasciare il Paese in mano a una accozzaglia di politici che fino ad un secondo prima si erano insultati, offesi, presi a male parole, per non parlare dei giuramenti sull’onore di Nicola Zingaretti e Matteo Renzi.
Insomma quale credibilità può avere un leader che giura solennemente una cosa e poi ne fa un’altra, quale credibilità può avere un premier che prima guida una coalizione e poi ne guida una opposta, quale credibilità può avere una coalizione che cambia idea su tutto, a partire dai grillini politicamente banderuole che hanno cambiato sulla Tav, sulla Tap, sul doppio mandato, e adesso sul Mes col rischio di consegnarci ai ferri dell’Europa e dei mercati. Quale credibilità può avere una maggioranza che viva sotto il ricatto costante di rottura, ora di Renzi, ora di LeU, ora dei grillini oppure degli eredi di Palmiro Togliatti, una coalizione talmente incapace da dover ricorrere a sedicenti esperti su tutto, task force, manager, commissari, oltretutto inadatti pure loro perché abbiamo visto il caos che si è creato su ogni provvedimento e Dpcm.
Quale credibilità può avere un Governo che viva in perenne confusione, allo sbando, un esecutivo che ha bruciato 100 miliardi, ridotto sul lastrico il Paese, sbagliato conti a ripetizione, calcoli a profusione, un Governo che ancora non ha preparato né piani e programmi, né strategia al punto da rischiare sul Recovery e sul Next, perché sia chiaro l’elenco delle poste che sta girando più che ridicolo è aria fritta, parole senza senso piuttosto che un diagramma di investimenti precisi, spiegati, calcolati e conseguenti. Quale credibilità può avere un Governo che spacchi in due l’Italia, da una parte l’impiego pubblico al quale non è stato chiesto un solo sacrificio e dall’altra il settore privato letteralmente massacrato a forza di chiusure e obblighi, per non citare la vergogna degli aumenti agli statali che addirittura hanno deciso lo sciopero sostenuti dai sindacati, fosse per noi a pedate nel sedere altroché aumenti in un momento come questo di dramma collettivo con milioni di posti nel privato che stanno per saltare, oltretutto parliamo di un apparato statale conosciuto per nullafacenza, furbetti, esuberi, disservizi e burocrazia folle.
Ecco perché diciamo povera Italia costretta al lumicino, perché la verità è che si è deciso di metterla in mano a questi incompetenti, incoscienti nel senso letterale, si è deciso di sottrarla al voto che avrebbe tutt’altro stabilito, si è deciso di consegnarla alla maggioranza non solo più di sinistra ma più opportunista e sotto colta della storia, insomma ricordiamo bene perché siamo ridotti come siamo anziché fare finta, girare il volto altrove, o vivere in perenne silenzio come succede da qualche parte.
Aggiornato il 09 dicembre 2020 alle ore 12:16