È stato, né più né meno, il più grande giornalista della storia della Rai. Ma anche qualcosa in più di un giornalista: Sergio Zavoli è stato anche uno dei più potenti narratori dell’Italia dal primo dopoguerra sino alla fine degli anni Novanta, talora con un’efficacia pari a quella di storici e sociologi. Per la radio e per la televisione pubblica, nell’arco lungo di mezzo secolo, Sergio Zavoli ha narrato storie mai prima di allora né ascoltate né viste: in radio il racconto poetico e memorabile di una suora di clausura negli anni Cinquanta;  venti anni dopo, nel 1973, Zavoli  curò “Nascita di una dittatura”, carrellata poderosa e oggettiva tra i protagonisti, sui due opposti versanti, del ventennio fascista.  L’innovativo “Processo alla tappa” e poi nel 1992 un altro memorabile affresco: “La notte della Repubblica”.   

Senza l’aggravio di retorica di tanta televisione successiva, Zavoli intervistò seccamente ma al tempo stesso empaticamente, alcuni dei protagonisti della stagione terroristica. E uno di loro, Franco Bonisoli, commuovendosi durante un’intervista condotta in modo esemplare, consegnò uno dei documenti più toccanti e veri su quell’epoca storica, perché restituì tutta la pena umana e l’inesprimibile pentimento accumulati da coloro che uccisero in nome di una rivoluzione impossibile. Un documento, quella intervista, che sul terrorismo “disse” assai più di tanti saggi. 

Sergio Zavoli, scomparso in queste ore, era romagnolo di Ravenna, dove era nato 96 anni fa e nella parte finale della sua lunghissima vita aveva svolto un’attività politica: presidente della Rai, presidente della Commissione di vigilanza Rai, era stato anche senatore del Pd, confermando una simpatia per la sinistra riformista, che aveva manifestato sin dagli anni Sessanta nel suo rapporto con il leader socialista Pietro Nenni.  Ma il nome di Zavoli resterà per sempre legato alla sua attività giornalistica, che lo colloca tra i giganti di questa professione del Novecento. Era nato a Ravenna ma cresciuto a Rimini, dove tra gli amici più cari c’era Federico Fellini, tre anni più grande di lui e proprio nella cittadina romagnola Zavoli aveva fatto i primi esperimenti “professionali” con un originale «giornale parlato», un rudimentale notiziario trasmesso al megafono, messo in piedi assieme agli amici subito dopo la guerra.

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Nel 1948 Vittorio Veltroni (il padre di Walter) lo aveva chiamato alla Rai e qui dopo una carrellata di servizi radiofonici diventati poi proverbiali, è trascinato in televisione da Enzo Biagi. Sono i tempi del Processo alla tappa, trasmissione nella quale per commentare il Giro d’Italia riuscì a coinvolgere intellettuali come Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia. Molto innovativo, anche nella tecnica,  Nascita di una dittatura, durante la quale furono intervistati con la stessa oggettività ex gerarchi fascisti e antifascisti perseguitati da Mussolini.  Nel 1976 direttore del Gr1, indicato dai socialisti (di qui la sua autodefinizione di “Socialista di Dio”), presidente della Rai dal 1980. Protagonista di diversi, ascoltatissimi interventi in Senato, negli ultimi anni Zavoli si era ritirato nella sua villa di Monte Porzio Catone, dove nel 2012 subì un terribile pestaggio, che aveva indebolito ma non spento la fibra robusta. 

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