Scomparso prematuramente ad appena 63 anni, Alberto Alesina era l’economista italiano più noto e più citato all’estero. Ormai da oltre trent’anni insegnava a Harvard, lodato in campo accademico per la sua creatività, come pure per l’intelligenza con cui applicava i suoi strumenti di analisi a problemi anche sociali e politici. Era stimato anche dai suoi, numerosi, avversari.

Si considera iniziata da lui una polemica che tuttora appassiona gli economisti di tutto il mondo, quella sull’ipotesi dell’«austerità espansiva»: ovvero che in un Paese in difficoltà un forte e concentrato taglio alle spese possa, contrariamente al senso comune, rilanciare l’economia. Ma, come spesso avviene, la polemica da entrambi i lati ha oltrepassato lo spunto originario.

Nel lavoro del 2009 scritto insieme con la collega Silvia Ardagna, Alesina cercava di dimostrare che per rilanciare l’economia ridurre le tasse o tagliare le spese è più utile che accrescere l’intervento statale; e che a uno Stato in difficoltà per deficit e debito conviene più ridurre le spese che aumentare le tasse.

I numeri di Alesina e Ardagna furono presto tecnicamente contraddetti da studi del Fondo monetario internazionale, condotti da un altro noto economista di Harvard, il francese Olivier Blanchard, e anche da Carlo Cottarelli. Ma ormai il dibattito pubblico si era già schematizzato e radicalizzato in opposte tesi: «l’austerità fa bene» contrapposto a «l’austerità fa malissimo».

Convenne invocare Alesina, anche oltre i contenuti originari, a chi voleva imporre rapidi piani di rientro dal debito, per esempio alla Grecia. I risultati, come si sa, sono stati pessimi. Solo in alcuni ristretti casi di Paesi molto dipendenti dai capitali esteri, molto aperti al commercio, con forte mobilità della forza lavoro, la tesi degli «austeri» può invece vantare risultati.

Rispondendo alle critiche, Alesina aveva poi ampliato e argomentato i sui studi in un libro scritto insieme con Francesco Giavazzi e Carlo Favero (Austerità, quando funziona e quando no, Rizzoli 2019). Nella sua presentazione a Roma, come amichevole contraddittore era intervenuto il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.

Di molto altro però si era occupato Alesina. Uno degli studi più interessanti degli ultimi anni riguardava come l’immigrazione influenzi le idee che le persone hanno su disuguaglianze e interventi di welfare. Mostrava tra l’altro come l’ostilità agli immigrati si nutra di una grossolana sopravvalutazione del loro numero e dei loro bisogni.

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