12 maggio 2020 - 22:19

Morto Giulio Savelli, pubblicò «Porci con le ali»

L’editore scomparso a 78 anni. Nel suo catalogo anticonformista anche «Scrittori e popolo» e «La strage di Stato»

di PIERLUIGI BATTISTA

Morto Giulio Savelli, pubblicò «Porci con le ali» Alcune copertine di libri tra i più importanti pubblicati dalla casa editrice Samonà a Savelli, poi soltanto Savelli
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Già da tempo Giulio Savelli, scomparso all’età di 78 anni, non era più impegnato direttamente nel mondo dell’editoria, ma chiunque abbia l’età per ricordare che cosa sia stata la produzione culturale degli anni Sessanta e Settanta non può che associare il nome Savelli, e, prima ancora della separazione, Samonà e Savelli, a una casa editrice che è stata un simbolo di una sinistra irregolare e non conformista, temeraria e fuori dagli schemi (e per questo sospettata, nel linguaggio legnoso e ottuso di allora, di essere nientemeno che in odore di «trotskismo»).

Giulio Savelli era nato a Roma nel 1941 ed era stato l’editore più oto della nuova sinistra, poi si era spostato su posizioni di centrodestra
Giulio Savelli era nato a Roma nel 1941 ed era stato l’editore più oto della nuova sinistra, poi si era spostato su posizioni di centrodestra

Tutti sapevano che un libro con quel marchio o con quel nome avrebbe portato con sé qualcosa di non dogmatico, di curioso, di non facilmente classificabile. Libri poco consoni all’ideazione culturale mainstream. Nel cuore degli anni Sessanta è alla casa editrice di Savelli che Alberto Asor Rosa, allora giovane esponente dell’eresia «operaista», affida il suo Scrittori e popolo, che rovesciò gerarchie e canoni della storia della letteratura italiana sino ad allora codificata, una scossa di modernità e di originalità che infatti mise a soqquadro le abitudini sonnolente della cultura di sinistra più accademica e dottrinaria.

Nel cuore degli anni Settanta, invece, Rocco e Antonia, e cioè Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera, conPorci con le ali, arricchito da una copertina bellissima di Pablo Echaurren, che ne disegnò molte per la casa editrice in cui aveva assunto un ruolo sempre più decisivo Dino Audino, consegnarono alla Savelli un libro che farà storia, che segnerà l’irruzione del privato, dei sentimenti, del sesso in una generazione che mostrava sempre maggiore insofferenza verso le rigidità della politica ufficiale, compresa quella della sinistra cosiddetta extraparlamentare o che comunque rifiutava l’arruolamento nell’esercito culturale del Pci.

La copertina di Porci con le ali di Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera, realizzata da Pablo Echaurren
La copertina di Porci con le ali di Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera, realizzata da Pablo Echaurren

La Savelli fu una fornace di riviste: «La Sinistra», per un po’ diretta da Lucio Colletti e che ebbe qualche guaio dopo aver pubblicato in copertina, come somma provocazione, le istruzioni per fabbricare la perfetta bottiglia Molotov; «Ombre Rosse», consegnata alle cure di Goffredo Fofi; il «Leviatano» di Paolo Flores d’Arcais; la rivista di letteratura «Calibano». Rischiò molto quando, passato da poco il 12 dicembre 1969 del massacro della Banca nazionale dell’agricoltura di piazza Fontana a Milano, pubblicòLa strage di Stato, definizione che da allora diventerà moneta corrente della polemica politica e storiografica dei decenni successivi.

La copertina di Scrittori e popolo di Alberto Asor Rosa
La copertina di Scrittori e popolo di Alberto Asor Rosa

L’ispirazione culturale della Savelli comprendeva, accanto alla politica e alla pubblicazione per la prima volta di un testo di Che Guevara, la letteratura, il cinema, e anche la musica, affidata a Simone Dessì, che poi era lo pseudonimo di Luigi Manconi, e arricchita quasi alla fine della storia della casa editrice da un volume a più voci intitolato La chitarra, il pianoforte e il potere. Tra le voci della letteratura spiccava l’interesse per un irregolare assoluto come Paul Nizan («Avevo vent’anni, non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita») studiato e promosso da una delle voci più sensibili della casa editrice, Maurizio Flores d’Arcais, che deciderà di mettere fine alla sua giovanissima vita lasciando un grande vuoto, tra chi gli voleva bene e anche nel mondo dell’editoria di quegli anni.

E dato che allora la politica sembrava qualcosa di potente, ma anche di prepotente, una creatura onnivora che pretendeva una dedizione assoluta, una case editrice come la Savelli non poteva che inaugurare una collana intitolata «Il pane e le rose», richiamando una delle pagine più gloriose del movimento operaio, e alludendo all’inscindibilità di due impulsi, il «pane» delle rivendicazioni materiali, e le «rose» dell’emancipazione culturale», che troppo spesso la sinistra nella versione autoritaria ha tradito e mortificato. Tempi che oggi sembrano lontanissimi.

Giulio Savelli, come il suo maestro e sodale Colletti, ha imboccato un percorso politico che lo ha portato molto lontano dai canoni di quella stagione. Il mondo è cambiato e la sinistra irregolare si è fatta essa stessa pigra e conformista. Resta un pezzo di storia culturale che ha lasciato un segno e un nome, Savelli, che ricorda quegli anni.

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