È scomparso mercoledì 29 aprile all’età di 80 anni il curatore, storico e critico d’arte Germano Celant. Da circa due mesi era ricoverato all’ospedale San Raffaele di Milano dopo aver contratto il Coronavirus. Il teorico genovese coniò la definizione di “arte povera”, diventato uno dei movimenti artistici italiani più conosciuti nel mondo dal secondo dopoguerra ad oggi.
Il termine venne coniato in occasione della mostra Arte povera – Im Spazio curata da Celant nel 1967 alla Galleria La Bertesca a Genova, in cui esposero le proprie opere Alighiero Boetti, Janis Kounellis, Giulio Paolini, Pino Pascali ed Emilio Prini. “Non invento niente”, dichiarava in un’intervista nel 2017, “’Arte Povera’ è un’espressione così ampia da non significare nulla. Non definisce un linguaggio pittorico, ma un’attitudine. La possibilità di usare tutto quello che hai in natura e nel mondo animale. Non c’è una definizione iconografica dell’Arte Povera”.
Figura centrale nella divulgazione dell’arte italiana in un panorama internazionale, nel corso della sua carriera Germano Celant ha ricoperto incarichi per i più prestigiosi musei in Italia e all’estero, dal ruolo di curatore al Guggenheim di New York a quello di direttore della Biennale d’arte di Venezia nel 1997, oltre alla curatela di mostre al Centre Pompidou di Parigi (1981), alla Royal Academy of Arts di Londra (1989) e a Palazzo Grassi a Venezia (1986 e 1989).
Dal 2015 aveva assunto la direzione artistica di Fondazione Prada per la quale ha concepito e curato più di quaranta progetti espositivi, dalla personale di Michael Heizer nel 1996 alla retrospettiva dedicata a Jannis Kounellis nel 2019. I Presidenti di Fondazione Prada, Patrizio Bertelli e Miuccia Prada lo ricordano così: «Germano Celant è stato una delle figure centrali di quel processo di apprendimento e ricerca che l’arte ha rappresentato per noi fin dall’inizio della fondazione. La curiosità intellettuale, il rispetto per il lavoro degli artisti, la serietà della sua pratica curatoriale sono insegnamenti che riteniamo essenziali per noi e le generazioni più giovani».
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