Le compagnie telefoniche dovranno rimborsare i consumatori per il caso della fatturazione ogni 28 giorni. Lo conferma il Consiglio di Stato: il meccanismo sarà quello della compensazione con le future.
La decisione riguarda Vodafone, Wind Tre e Fastweb. Per Tim, che ha presentato ricorso successivamente, non è stata ancora emessa la sentenza. Ma nulla vieta di pensare che vi sarà un pronunciamento analogo.

Quindi siamo di fronte ad una decisione definitiva: le compagnie telefoniche non hanno più scuse per rimandare il rimborso automatico in bolletta dovuto ai giorni erosi con la tariffazione a 28 giorni. Il Consiglio di Stato ha pubblicato il dispositivo della sentenza con cui afferma che “respinge l’appello principale e quello incidentale” degli operatori contro l’impugnata delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, e lo fa “definitivamente”.

Si tratta di una vicenda che ha visto milioni di consumatori costretti ad attendere un anno e mezzo per avere giustizia. Tutto partì con la delibera n. 498/17/CONS del 19 dicembre 2017, in cui l’ (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) chiariva che gli operatori dovevano restituire i giorni sottratti con lo stratagemma della tredicesima bolletta annua. Da allora si sono succeduti i ricorsi e i tentativi di Tim, Wind Tre, Vodafone e Fastweb di rimborsare i consumatori con compensazioni per il tramite di servizi extra.

A seguito della decisione del Consiglio di Stato le somme erose per la fatturazione a 28 giorni per i contratti di fissa e integrata dovranno essere restituite nella prima bolletta utile. Con molta probabilità tra agosto e settembre arriveranno le prime restituzioni.

Le compagnie telefoniche hanno tentato in ogni modo di opporsi a tale automatismo. Ora non hanno più alibi e sono costrette a restituire quanto addebitato nel periodo intercorso tra il 23 giugno 2017 e la primavera 2018. Giacché gli operatori sono tornati alla fatturazione a 30 giorni in momenti diversi.
Chi in questi mesi ha modificato il proprio gestore dovrà ancora attendere una apposita delibera di Agcom, che speriamo venga emanata al più presto.

Si chiude così un’annosa vicenda. Ma il vero problema rimane: è l’art. 70 del Codice delle Comunicazioni elettroniche, il quale permette alle aziende di modificare unilateralmente le clausole contrattuali. Il consumatore, nel momento in cui firma un contratto, deve essere certo che non avrà sorprese, che non ci saranno cambi o modifiche “in corso d’opera”. Finché non sarà così la tutela sarà solo formale ma non sostanziale.