Guida sulle fonti del diritto (di produzione e sulla produzione; fonti atto e fatto) e focus sui diversi criteri di risoluzione dei conflitti tra norme

Guida diritto costituzionale

di Luca Passarini - Analizzare le fonti del diritto significa riferirsi all'insieme di atti o fatti in grado di produrre norme giuridiche vincolanti in un dato ordinamento, cioè prescrizioni che regolano la condotta di un gruppo sociale.

Vediamo cosa e quali sono le fonti del diritto e i criteri di risoluzione delle antinomie:

Fonti del diritto: cosa sono

La parola fonte dà l'idea di un punto da cui sorge qualcosa, o idea di qualcosa che viene prodotto. Con il concetto di fonte si fa riferimento sia al momento nel quale sorge qualcosa, sia al prodotto. In ogni ordinamento esistono necessariamente soggetti, organi che producono norme (il Parlamento, il governo, le regioni sono tutti soggetti che producono leggi).

Fonti di produzione e fonti sulla produzione


Legge ordinaria, il decreto legge, la legge regionale sono quindi fonti del diritto che producono diritto, immettono nell'ordinamento giuridico del diritto nuovo. Sono fonti di produzione del diritto. Ogni fonte di produzione del diritto, esempio la legge, deve avere a monte una fonte che ne disciplini la venuta ad esistenza. La legge che produca diritto, dove viene ad esistenza? Quale è la fonte sulla produzione della legge? Ogni norma è fonte di produzione di diritto, ma anche essa deve avere una fonte di produzione.

Si dice quindi che gli articoli da 70 a 74 sono le fonti sulla produzione della legge ordinaria, perché sono le norme che disciplinano la formazione della stessa fonte.

Fonti atto e fonti fatto

Caratteristica degli ordinamenti giuridici della famiglia romano-germanica nell'ambito delle fonti del diritto è la presenza prevalente occupata dalle fonti atto, ovvero quelle scritte (Costituzione, decreto legislativo, legge regionale... che si vedranno più nel dettaglio). Scritte ovvero riportate su mezzi concreti di conoscibilità delle fonti.

Le fonti fatto, ovvero non scritte, hanno nel nostro ordinamento una posizione marginale, residuale. Esempio è la consuetudine, ovvero una serie di azioni reiterate, ripetute nel tempo da una parte dei consociati nella convinzione che il ripetersi dei comportamenti sia conforme a una norma giuridica. In questo caso si parlerà di usi e prassi giuridiche.

In altri ordinamenti come nel diritto internazionale, le fonti fatto hanno importanza molto rilevante che supera persino le fonti atto.

Una fonte atto, ovvero scritta, per poter operare deve essere esistente, valida e efficace.

Nel dettaglio si derà che una fonte è esistente quando il potere che la emana ha esercitato una funzione propria (ogni potere dello Stato ha le proprie funzioni), ad esempio il governo non può produrre le leggi perché il potere di produrre leggi è del Parlamento. Valida quando la fonte è stata prodotta dall'organo indicato conformandosi alle norme di produzione. Efficace quando la fonte è in grado di produrre effetti giuridici. Per produrre effetti la norma deve essere conosciuta e questo avverrà mediante la cosiddetta fonte di cognizione.


I criteri per la risoluzione dei conflitti tra norme

I criteri per la composizione delle fonti sono dei criteri di risoluzione di conflitti (antinomie) tra norme. Nell'ordinamento giuridico, infatti, le fonti sono molte e per orientarsi in questo mosaico, si usano determinati criteri: quello gerarchico, quello cronologico, quello della competenza e infine quello della specialità:

Criterio gerarchico

Il criterio gerarchico deriva dal rapporto tra fonti di produzione e fonti sulla produzione. Il presupposto è che si tratti di norme di rango diverso, su piani diversi, questi piani diversi sono dati normalmente da tre piani: rango costituzionale, rango legislativo e rango secondario. Per quanto riguarda i rapporti di costituzionale e legislativo, il rapporto che si instaura obbedisce al principio di legittimità costituzionale (le leggi che il parlamento produce, atti aventi forza di legge, non possono contrastare con la costituzione). Il legislatore produce leggi, ma il contenuto può entrare il conflitto con la costituzione, nel caso dei rapporti tra fonti secondarie e legislativo, invece, si parla di principio di legalità, cioè il criterio che regola i rapporti tra queste due fonti. L'articolo 1 delle Disposizioni preliminari al codice civile afferma che i regolamenti governativi non possono contrastare con le leggi e a loro volta i regolamenti di altre attività non possono contrastare con i regolamenti governativi, quindi le preleggi, non possono contrastare con la legislazione e quelle di altre attività non possono contrastare con i regolamenti. Le conseguenze, si vedrà, sono quelle dell'annullamento della norma di rango inferiore da parte del giudice amministrativo; mentre sarà la Corte costituzionale competente a verificare se una norma primaria è in contrasto con la Costituzione.

Criterio cronologico

Il criterio cronologico si basa sul rapporto temporale tra fonti della stessa forza e rango, i rapporti si risolvono con la prevalenza della norma più giovane attraverso l'abrogazione della precedente.

I tipi di abrogazione sono:

- l'abrogazione espressa (per dichiarazione espressa del legislatore),

- l'abrogazione tacita (la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore) o implicita (incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti).

Criterio della competenza

Il criterio della competenza, invece, si basa sulla competenza (tra alcune fonti i rapporti non si possono risolvere ne sulla base della gerarchia e né sulla base cronologica).

Può riguardare o i rapporti tra legge ordinaria o legge aventi forza di legge, oppure può funzionare anche nei rapporti tra stato e regioni. I rapporti tra stato e regioni, sono configurabili attraverso i tre casi indicati dall'art.117 Cost: competenze esclusive dello stato, competenze concorrenti, competenze residuali.

Criterio della specialità

Infine, il criterio della specialità risolve l'antinomia creatasi tra due disposizioni normative stabilendo la preferenza di quella speciale su quella avente carattere generale, anche se successiva, ma comunque mantenendone l'efficacia.


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