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Global Compact for Migration: l’Italia, per ora, se ne dice fuori.

L’Italia non si presenterà, i prossimi 11 e 12 dicembre, a Marrakesh per firmare l’accordo promosso dall’Onu per garantire flussi migratori ed accoglienza più sicuri. L’annuncio arrivato dal Ministro dell’Interno segue così, dopo un iniziale entusiasmo, il dietrofront di altri Paesi come Stati Uniti, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Austria, Bulgaria e Svizzera. Nella nota diffusa da Palazzo Chigi si legge: Il Global Migration Compact è un documento che pone temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini: riteniamo opportuno, pertanto, portare il dibattito in Parlamento. […] A Marrakesh, quindi, il governo non parteciperà, riservandosi di aderire o meno al documento solo quando il Parlamento si sarà pronunciato”. Un netto passo indietro rispetto a ciò che appena due mesi fa , proprio di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Premier Conte aveva ribadito affermando la necessità di sostenere il trattato per rispondere alla sfida dei flussi migratori. Pur non avendo subito il testo sostanziali modifiche rispetto a quel giorno, qualcosa è invece cambiato in queste settimane sia all’interno del governo sia, probabilmente, nell’opinione pubblica a riguardo. Ma cos’è di preciso e di cosa tratta questo testo?

Sviluppatosi inizialmente dal documento denominato “Dichiarazione di New York su migranti e rifugiati” (firmato il 19 settembre 2016 da 193 stati a New York, in un summit dedicato proprio ai temi delle migrazioni), il testo di 34 pagine chiamato Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration nasce come un progetto promosso dall’Onu con l’obiettivo di stabilire una posizione comune dei paesi membri nei confronti dell’immigrazione, e di creare una rete internazionale in grado di assicurare accoglienza e sostegno a migranti e rifugiati, rifacendosi alla Convenzione sui rifugiati del 1951. Tra i suoi principi fondamentali compaiono la lotta alla xenofobia, allo sfruttamento, il contrasto al traffico degli esseri umani, il potenziamento dei sistemi di integrazione e l’assistenza umanitaria, ma il punto fin dall’inizio più sgradito ai governi d’ispirazione sovranista è senz’altro  stato quello riguardante il “riconoscimento e l’incoraggiamento degli apporti positivi dei migranti e dei rifugiati allo sviluppo sociale”. Anche se il documento non è vincolante il testo parte dal presupposto che “la migrazione fa parte dell’esperienza umana ed è sempre stato così nel corso della storia” e che il suo impatto può essere migliorato se si renderanno più efficaci “le politiche dell’immigrazione”. Nel preambolo del testo si definisce, inoltre, “cruciale” la cooperazione tra i diversi stati: “Le sfide e le opportunità dell’immigrazione devono unirci, invece di dividerci. Il Global compact getta le basi per una comprensione comune del fenomeno, la condivisione delle responsabilità e lunità degli obiettivi”.

Il “Patto Globale per la migrazione” è stato protagonista in tutto il mondo di una campagna di comunicazione politica molto aggressiva da parte dei partiti della destra sovranista che l’hanno accusato di favorire “l’invasione” e “l’immigrazione incontrollata”. In ogni caso il testo ha, comunque, soprattutto un valore simbolico poiché non vincola a fare nulla, non comporta nessun obbligo, dà solo una direzione alla comunità internazionale, dicendo che gli stati dovrebbero cooperare per raggiungere degli obiettivi comuni. Non sottoscrivendo il trattato di fatto non si riconosce più il percorso negoziale degli ultimi due anni, ma senza conseguenze concrete, a parte il fatto che il paese che non lo sottoscrive potrebbe rischiare in futuro di rimanere isolato rispetto alla gestione di un fenomeno così globale. L’Italia, dopo aver partecipato a tutte le fasi del negoziato nei passati anni, ha più volte cambiato parere rispetto all’approvazione dello stesso, fino alla svolta ultima dove si è detta contraria alla firma perché, secondo la maggioranza, il testo “metterebbe sullo stesso piano i migranti cosiddetti economici e i rifugiati politici”. Per questo il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha rimandato al parlamento l’esame del piano sostenendo che Roma potrebbe accettare l’accordo in un secondo momento, dopo l’esame dell’aula. In questo modo l’Italia però, già da ora, sta segnalando la volontà di collocarsi, allontanandosi dagli alleati storici, al fianco dei paesi del blocco di Visegrád (Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia), con l’Austria e la Bulgaria, paesi che non condividono la frontiera mediterranea, e che negli anni scorsi non hanno avuto una grande esperienza di flussi migratori.

Oggi, evidenziano le stime dell'Onu, ci sono oltre 258 milioni di migranti in tutto il mondo che vivono fuori dal loro paese di nascita. La cifra è destinata ad aumentare per l'aumento della popolazione e della connettività, l'ulteriore sviluppo del commercio, l'allargamento delle disuguaglianze, gli squilibri demografici e i cambiamenti climatici. Dovrebbe essere evidente, quindi, che nessun Paese da solo può risolvere un problema gigantesco come questo, dovremmo ben saperlo proprio noi italiani che negli ultimi 5 anni siamo stati troppo spesso lasciati da soli a fronteggiare la tragedia in corso nel Mediterraneo costata centinaia di migliaia di arrivi e migliaia di morti. Il nostro Paese, impossibile non notarlo, è una penisola che  punta proprio verso il continente africano, lo stesso che attualmente ha 1,216 miliardi di abitanti e nel 2050 ne avrà 2,5 miliardi, e quindi necessita di trovare sponde certe per affrontare i problemi in cui è e sarà inevitabilmente coinvolto.

Al di là dei vari negoziati nazionali o internazionali sarebbe, quindi, oggi riduttivo dire che il Global compact ha diviso l’Europa, proprio perché sono anni che l’Unione europea è spaccata sulla questione migratoria o, meglio, che ogni stato membro cerca di mantenere il controllo delle sue politiche migratorie. A pochi mesi dalle elezioni europee (e, per alcuni stati membri dell’Ue, delle elezioni politiche) la tentazione è stata però troppo forte: il Global compact è un ottimo pretesto per cominciare a fare campagna elettorale.

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

Global Compact for Migration: l���Italia, per ora, se ne dice fuori.