Le stelle illuminano il cielo di Torino. Sono i tre nuovi fari che la Guida Michelin ha acceso sulla città, portando il capoluogo piemontese a fregiarsi, nell’edizione 2019, di sette ristoranti. Un successo incredibile arrivato dopo anni di stasi in cui la Rossa più amata al mondo aveva forse guardato con troppa titubanza alla ristorazione cittadina.

Manca il bistellato

E seppur si senta ancora la mancanza di un bistellato in città, vicino alle consolidate stelle del Ristorante Del Cambio, di Casa Vicina Eataly Lingotto, di Magorabin e del Vintage 1997, ieri sul palco dell’Auditorium Paganini di Parma sono arrivate quelle al Ristorante Carignano, a Spazio 7 e al Cannavacciuolo Bistrot. A capo delle rispettive brigate tre giovani, ma esperti chef: Marco Miglioli, Alessandro Mecca e Nicola Somma. Marco Miglioli passa dalla corte di Antonino Cannavacciuolo alla cucina di Fabrizio Tesse (con cui oggi lavora al Carignano) per poi approdare a Londra da Michel Roux Jr e dopo altre esperienze all’estero rientrare a Torino. Alessandro Mecca è figlio d’arte: dopo i primi passi nel ristorante di famiglia, il «Crocetta» di Torino, va al ristorante Guido da Costigliole, Al Sorriso di Soriso e a La Ciau del Tornavento a Treiso, quindi al Dom di San Paolo con Alex Atala e all’Estate di San Martino a Villanova d’Asti. Nicola Somma, di Gragnano, è invece uno dei pupilli del gigante buono Cannavacciuolo, con cui ha lavorato per più di tre anni a Villa Crespi ad Orta San Giulio, prima di approdare al Bistrot torinese.

Esperienze che, in tutti e tre i casi, hanno plasmato e formato le cucine di questi chef uniti dall’innovazione, ma anche da un forte legame affettivo con il proprio territorio di origine che si plasma sapientemente nei menù proposti. Non stupitevi dunque di assaggiare l’Arsumà rivisitata di Miglioli, il Carpaccio di vitella di Mecca o il Riso con aglio, olio, bottarga e limone di Somma: in ogni piatto troverete un po’ di loro e della loro storia personale. Le stelle poi, si sa, portano lacrime ed emozioni, gioie che si condividono in primis con le brigate, le stesse con le quali si lavora duro, tutti i giorni, per arrivare ai risultati migliori. E le brigate di questi tre ristoranti, tutti aperti negli ultimi tre anni, sanno cosa significhi il lavoro di squadra. Come del resto lo sanno i proprietari dei locali che hanno deciso di scommettere su questi chef, e hanno vinto. Lo racconta la famiglia Buratti alla guida del Grand Hotel Sitea da quattro generazioni: «Questo riconoscimento è per noi un punto di partenza per un progetto più ampio che coinvolgerà ancora di più i nostri chef: apriremo in primavera un cinque stelle lusso dotato di sei suites per una vera e propria esperienza sabauda all’interno di un edificio storico di via Cavour dove proporremo anche una cucina stellata privata e personalizzata».

Sandretto a Madrid

E se Emilio Re Rebaudengo, della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo che ospita «Spazio 7» annuncia una nuova sede della Fondazione a Madrid per l’inizio del 2020 con l’apertura di un bistrot analogo al torinese, Cinzia Primatesta, moglie di Cannavacciuolo, confessa che in futuro ci potranno essere nuove aperture, ma non più in terra piemontese.

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