energia e geopolitica

Usa, Russia e Arabia Saudita, alleanze impossibili nel nome del barile

di Sissi Bellomo

Prezzi record per l’energia, tra le cause petrolio, uragani e allarme Iran

3' di lettura

Stati Uniti, Arabia Saudita e Russia. Quando si tratta di petrolio l’idea di un’alleanza fra le tre potenze – improbabile e improponibile in qualsiasi altro ambito – continua a riaffacciarsi.

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Se Riad e Mosca hanno già costruito un asse di ferro, che scavalca persino le prerogative dell’Opec, ancora una volta è Washington a insinuare la possibilità di una collaborazione a tre, per quanto limitatata a un compito circoscritto: prevenire un eccessivo rincaro dei prezzi del barile, un rischio divenuto quanto mai concreto con il ritorno delle sanzioni americane contro l’Iran.

È stato il segretario Usa all’Energia Richard Perry a rispolverare le suggestioni di una cooperazione fra i tre Paesi, affermando che insieme sono in grado di compensare nel giro di 18 mesi ogni riduzione delle forniture di greggio, da parte di Teheran e di altri. «Non prevedo impennate dei prezzi», ha rassicurato Perry in un’intervista alla Reuters.

Usa, Arabia Saudita e Russia sono i maggiori produttori di greggio al mondo e insieme controllano un terzo dell’offerta totale, ma una vera e propria azione coordinata è in realtà uno sviluppo impossibile, se non altro perché gli Usa sono un’economia di mercato, in cui le scelte delle compagnie petrolifere (peraltro numerosissime, soprattutto nello shale oil) vengono prese in totale autonomia e in un’ottica di profitto.

Donald Trump è comunquo riuscito a dettare l’agenda dell’Opec, come aveva riconosciuto candidamente anche il segretario generale Mohammed Barkindo. E ha ottenuto non solo dai sauditi, nemici di Teheran, ma anche dai russi l’impegno ad aumentare l’offerta di greggio per cercare di attutire l’impatto delle sanzioni. Mosca e Riad, con un capolavoro diplomatico, hanno poi convinto l’intera coalizione Opec-non Opec ad approvare il piano.

La diplomazia ora si è rimessa in moto. Perry la settimana scorsa ha incontrato sia il ministro saudita Khalid Al Falih (suo ex compagno di università, con cui intrattiene rapporti amichevoli) sia, durante una rara visita a Mosca, il russo Alexander Novak. Nel weekend quest’ultimo ha a sua volta parlato con Al Falih.

Il fitto intreccio di colloqui ha evidentemenre lo scopo di preparare il terreno alla prossima riunione del Comitato di monitoraggio sui tagli produttivi, in programma domenica 23 settembre ad Algeri, un appuntamento che di giorno in giorno sta diventando sempre più importante, per il numero di partecipanti coinvolti e soprattutto per il tema all’ordine del giorno: come ripartire l’aumento di produzione da un milione di barili al giorno che l’Organizzazione e i suoi alleati avevano deliberato al vertice dello scorso giugno a Vienna.

La riunione di Algeri ormai sembra un vertice-bis. Ad affiancare gli abituali componenti del Comitato – un organismo tecnico in cui siedono Arabia Saudita, Russia, Kuwait, Emirati arabi uniti, Oman, Venezuela e Algeria – ci saranno stavolta anche Iran, Iraq e Nigeria, nonché i non-Opec Azerbaijan e Kazakhstan.

L’Organizzazione nega che sia stato convocato un «vertice straordinario» – questione rilevante, perché se così fosse ogni decisione andrebbe presa all’unanimità – ma è chiaro che stavolta il Comitato avrà compiti delicati. L’Iran, convinto lo scorso giugno ad avallare un’«attenuazione dei tagli produttivi», senza dubbio punterà i piedi.

Teheran si è già scagliata più volte contro chi sta approfittando delle sue difficoltà (e di quelle di altri Paesi, come il Venezuela) per espandere le proprie quote di mercato. Il bersaglio numero uno delle accuse è ovviamente l’Arabia Saudita, ma non solo. Il governatore Opec iraniano, Hossein Kazempour Ardebili domenica ha accusato anche la Russia, con cui Riad avrebbe «preso in ostaggio il mercato», e gli Emirati arabi, che – sempre insieme ai sauditi – «stanno trasformando l’Opec in uno strumento degli Usa».

Il ministro russo Novak non esclude che tra gli esiti della riunione di Algeri possa esserci anche un ulteriore aumento di produzione, rispetto ai livelli concordati a giugno. «Penso che abbiamo la possibilità di discutere qualsiasi scenario», ha dichiarato.

Mosca è anche «pronta a discutere una collaborazione con gli Usa per ribilanciare il mercato petrolifero», ha aggiunto Novak, precisando però che «per adesso» non ci sono state discussioni in tal senso.

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