Accorre, il governo, intorno alle macerie del Ponte Morandi. Si sollevano parole di cordoglio, solidarietà, promesse di giustizia e di energici interventi. Ma le liturgie politiche si scompaginano quando un elemento inconsueto, l’ imbarazzo, si insinua tra le file del Movimento 5 Stelle. Vengono dissotterrate le posizioni di quel grillismo che sposava la tesi della «favoletta del crollo del Ponte Morandi», che si batteva contro il progetto della nuova autostrada e che ora, al governo, si trova costretto a sfumare le proprie posizioni, fino quasi a rinnegarle.

«È un doppio disastro», ammette d’altronde un parlamentare ligure del M5S, «da una parte per le vittime e le loro famiglie, dall’altra perché nelle prossime settimane ci getteranno nel tritacarne per le nostre battaglie sul territorio». La nascita del grillismo in Liguria è infatti legata a doppio filo alle lotte dei No Gronda, proprio come è avvenuto in Piemonte con i No Tav, a Parma con i No Inceneritore: comitati di cittadini contrari alla costruzione di una grande opera, supportati da un Movimento che ha bisogno di crescere. Qui, il progetto da fermare era quello della nuova autostrada di Ponente, la Gronda, che collegherebbe Genova a Vesima, sostituendo così il tratto più pericoloso dell’A10 (dove si passava su Ponte Morandi).

E il Movimento delle origini sposa la battaglia. Già nel 2012, quando l’allora presidente di Confindustria Genova lancia l’allarme sul rischio di un «crollo tra dieci anni» del Ponte Morandi e sulla conseguente necessità della costruzione di una nuova autostrada, il consigliere comunale M5S Paolo Putti, proveniente proprio dal comitato No Gronda ed ex candidato sindaco, risponde: «Magari questa persona, prima di utilizzare questo tono un po’ minaccioso - perché dice: “Ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto No!” -, dovrebbe informarsi. Perché dice che il Ponte Morandi crollerà fra 10 anni, ma a noi Autostrade ha detto che per altri cento anni può stare in piedi».

I nodi si stringono e un anno dopo, ad aprile, sul blog di Beppe Grillo viene messo in risalto un comunicato del comitato di coordinamento No Gronda: «Ci viene poi raccontata, a turno, la favoletta dell’imminente crollo del Ponte Morandi». Ed è lo stesso Grillo, nel 2014, durante la kermesse romana di “Italia 5 Stelle”, a schierarsi apertamente contro il progetto della nuova autostrada: «Dobbiamo fermarli con l’esercito!», urla dal palco. Era il tempo della protesta, della rabbia che catalizzava i voti. Oggi, invece, quelle posizioni sono un bagaglio ingombrante, che mette a disagio gli uomini del Movimento.Tanto da richiedere l’intervento del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, che però va su tutte le furie: «Delle polemiche me ne frego altamente. Chi le sta fomentando, in momenti così drammatici, è uno sciacallo».

Il nervosismo è palpabile. «Sì, al tempo forse è stato sottovalutato il pericolo del crollo», concede il sottosegretario alle Infrastrutture Michele Dell’Orco, «ma stiamo parlando di un commento sul blog di Grillo. Non di un esponente di questo governo». Segno, dunque, che il vento potrebbe cambiare ancora. Come testimonia la doppia rimozione del post dei No Gronda sul blog di Grillo e del tweet del deputato M5S Massimo Baroni, in cui si sosteneva la battaglia contro il progetto della nuova autostrada: «No alle grandi opere inutili quando c’è da mettere in sicurezza le opere già esistenti». Tutto passato. Anche perché quel «No» del M5S alla Gronda, dopo il crollo del ponte, non è più scontato: «Dovrà rientrare nell’analisi costi-benefici», sottolinea Dell’Orco. E la valutazione dei tecnici, tra cui figura Marco Ponti, che si era già espresso in maniera critica nei confronti del progetto, «sarà molto più approfondita e potrebbe cambiare».

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