Sono oltre tremila le richieste di costituzione di parte civile presentate dai piccoli azionisti nel processo che si è aperto oggi a Milano a carico degli ex vertici di Mps, Fabrizio Viola e Alessandro Profumo, e dell'ex presidente del collegio sindacale Paolo Salvadori, accusati, a vario titolo, di manipolazione del mercato e false comunicazioni sociali in relazione alla rappresentazione non corretta nei conti della banca dei derivati Alexandria e Santorini nei bilanci 2011, 2012, 2013 e 2014.
Lunghissimo l'elenco dei risparmiatori, assistiti dai rispettivi avvocati, letto in un'aula stracolma dai giudici della seconda sezione penale. Hanno chiesto di entrare nel processo anche diverse associazioni di consumatori, tra cui l'Unione Nazionale Consumatori e Adusbef. E' imputata anche la banca per la presunta violazione della legge 231 del 2001 sulla responsabilità delle società per i reati commessi dai propri dipendenti.
Non hanno, invece, fatto domanda per la costituzione di parte civile Banca d'Italia e Consob, che lo avevano chiesto nell'altro processo milanese, quello che coinvolge, tra gli altri, l'ex ad, Giuseppe Mussari. I giudici si esprimeranno sulle richieste e sulle questioni preliminari, che verranno sollevate dalle difese, nelle prossime udienze fissate il 16 ottobre e il 6 novembre, quando l'avvocato difensore di Paolo Salvadori solleverà questione di competenza territoriale, chiedendo di trasferire il procedimento a carico del suo assistito da Milano a Siena, dove l'indagine era nata prima di essere trasferita a Milano. Le udienze siccessive sono il 9 e il 13 novembre.
Lo scorso 27 aprile il gup, Alessandra Del Corvo, aveva rinviato a giudizio i tre imputati (Salvadori solo per false comunicazioni) nonostante la Procura ne avesse chiesto il proscioglimento. I pm Giordano Baggio, Mauro Clerici e Stefano Civardi avevano già chiesto il loro proscioglimento nel settembre del 2016, respinta dal gip, Livio Cristofano, che aveva disposto l'imputazione coatta.
Per i pubblici ministeri, Viola e Profumo avrebbero agito senza alcuna intenzione di falsificare i conti (tra il 2011 e il 2014) né di occultare le perdite, mentre per il giudice, che aveva stabilito l'imputazione coatta, nelle loro condotte si sarebbero manifestati profili ingannevoli nei confronti del mercato.