Non aveva mai perso il tratto inconfondibile del gentiluomo da salotto, capace, con la sua voce calda e suadente, di convincere qualunque signora, di ogni età, a seguire i suoi consigli. Non solo nel campo dei detersivi, come nel celeberrimo spot del detersivo «Dash».

Scomparso a Roma, all’età di 89 anni, Paolo Ferrari ha attraversato, grazie al talento versatile e a un’indole che si intuiva subito gentile e disponibile, il mondo del teatro, del cinema e soprattutto della tv dove ha guadagnato, negli anni, la fetta più ampia della sua popolarità. Un volto amico, che fa sempre piacere rivedere, nelle serie storiche come «Nero Wolfe», tratta dai romanzi di Rex Stout e andata in onda tra il ‘69 e il ‘71, dove era Archie Goodwin, segretario cauto e fidato del protagonista, e negli show che hanno fatto la storia del piccolo schermo italiano, come «Il mattatore» dove si esibiva al fianco di Vittorio Gassman.

L’esordio, particolarmente precoce, risale al 1938, l’anno in cui Alessandro Blasetti lo volle sul set di «Ettore Fieramosca». Aveva nove anni, e quella fortuna, che gli avrebbe cambiato la vita, era dovuta al ciclo di trasmissioni radiofoniche in onda sull’Eiar, la radio italiana del periodo fascista, cui il piccolo Ferrari, figlio del console italiano a Bruxelles, aveva partecipato nella sua veste di Balilla. La radio resta il primo amore che non si scorda mai, un’esperienza che, negli anni a venire, gli spianerà la strada del doppiaggio. Tra i grandi cui Ferrari regalò quel suo timbro confidenziale e rassicurante c’erano stati Humphrey Bogart, Thomas Milian (nei «Delfini» di Citto Maselli) e Jean-Louid Trintignant nel «Sorpasso». Sul palcoscenico vivrà momenti di gloria, nell’«Opera da tre soldi» di Brecht» con Giorgio Strehler, poi con Luca Ronconi e, nel 2006, l’anno in cui vinse il »premio Gassmann» alla carriera. La fase cinematografica si consuma, dopo il debutto, in prove come «Kean» di Guido Brignone, dove con il nome di Tao Ferrari interpretava il ragazzino Pistol, in «Fabiola» e in «Gian Burrasca», nella versione con Sergio Tofano datata 1943 (era il dottor Collalto), e poi sui set di Steno, Zeffirelli, Mattoli. Più di 40 titoli, che però non gli daranno mai la notorietà della tv.

Sul piccolo schermo Ferrari sperimenta tutte le sue corde, alla guida di «Giallo Club» come sul palcoscenico del Festival di Sanremo del 1960, al fianco di Enza Sampò. Negli ultimi anni, dopo le apparizioni in miniserie da grandi platee come “Oltraggio”, “Incantesimo” e “Notte prima degli esami”, Ferrari aveva scelto di vivere in campagna, vicino Roma, dove lo ha colpito la malattia che lo ha condotto alla morte. Accanto a lui la seconda moglie, Laura Tavanti, collega di lavoro come lo era stata la prima, Marina Bonfigli: «Dedico alla meditazione molte ore della giornata - aveva dichiarato -, per lasciar scorrere i pensieri e i ricordi senza fermarli, mai forzandoli per cercare nel fondo di noi i frammenti della memoria e dell’illusione». Dei suoi tre figli, Fabio e Daniele, frutto del primo matrimonio, e Stefano del secondo, solo il maggiore, Fabio, ha seguito le sue orme ed è apparso accanto al padre in «Notte prima degli esami». Oltre al mestiere, un’unica grande passione, per la squadra della Lazio.