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Perché i prezzi delle case non risalgono? Istat: -0,4% nel 2017

di Emiliano Sgambato

(Marka)

3' di lettura

I prezzi delle case in Italia registrano ancora un segno meno su base annua, nonostante il piccolo miglioramento negli ultimi mesi del 2017: l’Istat certifica infatti un calo dello 0,3% nell’ultimo trimestre del 2017 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e un +0,1% rispetto al terzo trimestre (dovuto però alle nuove costruzioni). In tutto il 2017 le quotazioni sono scese dello 0,4%.

La risalita dei prezzi è il tassello che continua a mancare alla ripresa immobiliare, che dal punto di vista delle compravendite è in atto da qualche anno, con il 2017 che ha fatto sfiorare i 543mila acquisti: ormai il sostanziale ritorno a un livello che gli operatori ritengono vicino a quello fisiologico (seppur ancora lontano dai livelli del 2006, che rimangono comunque un’eccezione nelle serie storiche del settore).

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La media negativa del trend delle quotazioni certifica il proseguimento di una sostanziale stagnazione a livello nazionale. Questo non vuol dire però che non ci siano eccezioni e “segni più”, registrati ad esempio a Milano e nelle zone più richieste delle grandi città. Le ultime elaborazioni di immobiliare.it parlano ad esempio di un incremento dei prezzi dello 0,3% nei primi tre mesi del 2018 nei capoluoghi con oltre 250mila abitanti (nei centri più piccoli il calo è però dello 0,7%); secondo il portale, Venezia, Firenze e Bologna guidano la risalita, male invece il Sud.

Resta comunque il fatto che, lo dice l’Eurostat, l’Italia è l’unico Paese europeo che non ha ancora visto una inversione di tendenza dei prezzi. Come mai?
È la grande questione che si pongono anche gli analisti: in realtà in molti avevano previsto una risalita che, seppur in termini blandi, sarebbe già dovuta iniziare. A parte le diverse dinamiche nazionali interne, le differenze con la maggior parte degli altri Paesi europei sono comunque almeno quatto.

Innanzitutto l’Italia è in questi anni rimasta più indietro sotto il profilo della crescita del Pil e dell’occupazione ed è stata al centro di turbolenze dei mercati finanziari anche per la debolezza del sistema bancario, causata a sua volta per molta parte proprio dalle sofferenze da asset immobiliari. Un potere d'acquisto più basso e bassa fiducia, unite ad un lungo periodo di stretta creditizia, hanno indebolito la domanda, che resta soprattutto legata alla prima casa e che non è in grado di sostenere prezzi più elevati degli attuali.

In secondo luogo in Italia – a causa di un tradizionale attaccamento al mattone da parte delle famiglie, con proprietari non disposti ad abbassare subito le loro “pretese” sul mercato – non c’è stato un veloce crollo delle quotazioni come spesso è successo all’estero dopo la crisi subprime. Quindi il processo di calo, nonostante abbia portato a perdere in media oltre il 25% del valore del residenziale, è stato più lento che altrove e così sta succedendo anche con la risalita. Non si può poi non considerare il punto di partenza delle quotazioni, con il grande boom che prima della crisi ha portato i prezzi alle stelle e ha reso senza dubbio più lungo il percorso di riallineamento.

L’eccesso di offerta da smaltire, inoltre, accumulata negli anni delle compravendite dimezzate e alimentata dal peso fiscale che spinge a liberarsi degli immobili, si sta rivelando più alta del previsto. E sconta anche l’incognita degli asset derivanti da crediti incagliati (Npl) ancora da piazzare sul mercato.

Infine, con l’introduzione dell’Imu bisogna considerare che in Italia è aumentato di molto il peso fiscale sulla casa, con un effetto inevitabilmente depressivo sui prezzi.

Tornando ai dati dell’Istat diffusi oggi 6 aprile, «nel quarto trimestre 2017, secondo le stime preliminari, l’indice dei prezzi delle abitazioni (Ipab) acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per investimento, aumenta dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e diminuisce dello 0,3% nei confronti dello stesso periodo del 2016 (era -0,8% nel terzo trimestre)».

La flessione tendenziale «è dovuta al calo dei prezzi delle abitazioni esistenti (-0,5%, in attenuazione da -1,3% del trimestre precedente) mentre quelli delle abitazioni nuove rallentano, registrando una variazione nulla (da +0,5% del terzo trimestre)». Su base congiunturale «il lieve incremento dell’Ipab è dovuto unicamente ai prezzi delle abitazioni nuove (+0,7%) mentre quelli delle abitazioni esistenti risultano stabili». In media, nel 2017, i prezzi delle abitazioni diminuiscono dello 0,4% rispetto al 2016 (quando la variazione sul 2015 era stata pari a -0,8%).
Rispetto al 2010, nota infine l’Istituto di Statistica, «nel 2017 i prezzi delle abitazioni sono diminuiti del 15,1% (-1,4% per le abitazioni nuove, -20,5% per le esistenti)». Prima del 2010 le rilevazioni Istat nono esistevano, ma il calo era già in atto.

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