Una sentinella che veglia durante la notte e sa quando arriva l’aurora: l’immagine del profeta Isaia (Is 21,11-12) traccia l’identikit della figura del profeta, un uomo che oggi come ieri è capace di scrutare i segni dei tempi compresi quelli della «notte» quando gli altri dormono o comunque non riescono a vedere nel buio. Un compito di cui, anche nel mondo moderno, se ne avverte ancora la necessità.

Queste le premesse che hanno indotto la scelta dei redattori di “Credere Oggi” di dedicare il numero in uscita (6/2017) ai “Profeti nella Bibbia”. Una figura senza dubbio affascinante, quella del profeta biblico, ma che, come scrive padre Fabio Scarsato nell’editoriale dal titolo “Notte e aurora”, per alcuni rischia di restare confinata al passato, oggetto di interesse più dell’archeologia biblica che dell’uomo contemporaneo. Non così Papa Francesco che, in più occasioni, ha ricordato come la dimensione profetica appartenga ad ogni credente in virtù del battesimo che ha ricevuto, e di conseguenza a tutta la Chiesa, pena il prevalere di legalità e clericalismo. Di qui la scelta del tema quasi a voler sottolineare l’urgenza di un recupero della dimensione profetica nella vita personale ed ecclesiale di oggi.

Un tema approfondito a 360° con una lunga serie di contributi, come da tradizione dalla rivista, il bimestrale di divulgazione teologica delle edizioni del Messaggero di Padova, che da 38 anni contribuisce alla riflessione di quanti desiderano vivere e pensare da cristiani approfondendo questioni di attualità nel contesto culturale e teologico contemporaneo. Ed è quanto mai significativo che lo stesso tema sia stato già scandagliato dalla testata al termine del secolo scorso nell’ambito dell’analisi sui nuovi fermenti e le spinte al rinnovamento che emergevano 20 anni fa nella società e nella Chiesa.

Se è prevalente la dimensione dell’esegesi biblica – come del resto ci si potrebbe aspettare – ciò che il lettore trova, quasi di norma, fra le pagine è il risvolto sull’oggi, quell’attenzione al contesto contemporaneo che rivela l’attualità della Scrittura così come di tanti classici, testi che rispondono alle domande dell’uomo di ogni tempo.

Così Geremia (che accompagna il destino di un popolo), Ezechiele («il sacerdote folle»), Osea, Daniele, Natan, Amos, ma anche le profetesse d’Israele assumono un po’ il ruolo di paradigma di noi uomini e donne di oggi. Per giungere a Gesù «profeta» categoria interpretativa della sua figura e della sua opera.

Il profeta è costantemente «incompreso», spiega Martino Signoretto dello Studio teologico San Zeno di Verona, perché ambasciatore di un messaggio divino non sempre gradito, non esente dal pronunciare una critica anche se perlopiù molto velata.

Se è vero poi che la maggior parte dei profeti biblici sono maschi, si evidenzia che il ministero della profezia – «il ministero più alto nella Bibbia» - non è appannaggio esclusivamente maschile e Annalisa Guida della Facoltà Teologica dell’Italia meridionale rivela quanto appaiano decisamente intriganti le figure femminili che hanno ricevuto anch’esse il dono: donne come Debora, Miriam o Culda che accompagnano il popolo d’Israele offrendo una solida guida nei momenti di crisi o nel Nuovo Testamento, se pure con un ruolo più sommesso, donne come Anna o le figlie dell’evangelista Filippo negli Atti (in ogni modo si tratta sempre di un’autorevolezza accreditata alla donna che è andata poi perdendosi negli anni della storia della Chiesa).

Ma sono diverse e articolate le dimensioni sottolineate nei contributi, come il forte coinvolgimento emotivo evocato da Antonio Favale della Facoltà Teologica pugliese e dell’Istituto “Romano Guardini” di Taranto di fronte alla lettura del profeta Osea: «È possibile che Dio ami in un modo così umano?», è la domanda attualissima anche oggi senza dimenticare la simbologia sponsale dell’alleanza che porta a considerare il matrimonio come l’espressione più alta in termini di rapporti interpersonali: «un patto d’amore che implica fedeltà reciproca e che è tendenzialmente indissolubile».

Sul significativo ruolo profetico di Gesù - «profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo» (Lc 24,19) - si sofferma nell’ultimo contributo Germano Scaglioni del Seraphicum che sottolinea come più tardi già i primi cristiani abbiano preferito adottare altri termini cristologici per indicare il Nazareno (il termine profeta era infatti più collegato all’idea di preparazione e annuncio della salvezza, mentre con Gesù era ormai giunta la pienezza del tempo).

Pregevole e di grande utilità non solo per gli addetti ai lavori l’«Invito alla lettura» finale, curato da Mario Cucca e Germano Scaglioni che offre un’aggiornata rassegna bibliografica sul profetismo.

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