Come da previsioni, il partito del miliardario populista Andrej Babis, soprannominato il «Trump ceco», vince le elezioni parlamentari nella Repubblica Ceca. La sua Alleanza dei cittadini scontenti (Ano, che significa anche «sì» in ceco) avrebbe preso circa il 32% dei voti, il 13% in più rispetto al voto di quattro anni fa. E se nessuno si è sorpreso della vittoria del magnate dell’agroalimetare (e dei media) largamente anticipato dai sondaggi delle ultime settimane, è stata alquanto inaspettato l’impressionante exploit del Spd, partito di destra xenofobo e anti europeista guidato dall’uomo d’affari ceco di origine giapponese, Tomio Okamura che, quando le schede spogliate sono circa un quarto, sarebbe diventato il secondo partito del Paese con circa il 12% dei consensi. Crollano invece i socialdemocratici del Cssd, vincitori delle elezioni di quattro anni fa, passati dal 20,5% ad un misero 7,9%, superati dalla terza formazione del Paese, i comunisti Kscm ( 11,2%), seguiti dai Pirati ( 9%).

La Repubblica Ceca sceglie così di mettersi nelle mani di un miliardario accusato (in patria e in Europa) di frode fiscale, che ha promesso di guidare il Paese come se fosse un’azienda, di combattere l’immigrazione musulmana e limitare i legami con l’Unione Europea. Al suo fianco siederanno i deputati del secondo partito, una formazione «anti-sistema e anti stranieri», quel Spd che in campagna ha puntato tutto sulla lotta ai musulmani e sull’uscita dalla Ue. Il suo leader, nato a Tokyo ma cittadino ceco, ha per mesi invitato i concittadini a smetterla di mangiare kebab e a portare cani e maiali a spasso vicino alle moschee.

Ora Babis, che negli scorsi mesi aveva giurato che mai si sarebbe alleato con gli estremisti di Okuamura, nè con i comunisti, dovrà iniziare a preoccuparsi per trovare un alleato di governo.

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