La polizia libica ha ritrovato i resti dei ventuno cristiani copti sgozzati dall’Isis sulle coste del Mediterraneo, in quello che fu uno degli episodi mediatici più sconvolgenti della propaganda dell’orrore. Le immagini delle tute arancioni insanguinate e dei corpi coperti delle vittime - allineati in un’area desertica - sono state diffuse ieri dal Dipartimento criminale di Misurata. Il ritrovamento è avvenuto poco lontano dalla zona costiera vicina all’Hotel Mahary, a ovest di Sirte, dove nel gennaio 2015 avvenne il massacro. Poche settimane dopo - il 15 febbraio - l’immagine degli uomini con la tuta arancione in ginocchio, ciascuno con dietro un miliziano vestito di nero e il coltello alla gola, sarebbe stata diffusa come macabro messaggio dei jihadisti, rimbalzando in fretta sui media di tutto il mondo. Immagini accompagnate dalla minaccia di una conquista imminente di Roma.

A ormai due anni e mezzo di distanza il ritrovamento dei corpi era nell’aria da giorni: la settimana scorsa, infatti, l’assistente del procuratore generale libico Al Sadiq al Saour, annunciando l’arresto di un nuovo gruppo di miliziani dell’Isis, aveva specificato che tra loro c’era anche l’autore del video dei cristiani sgozzati. E che negli interrogatori questi aveva indicato i dettagli della strage insieme al luogo dove erano stati sepolti. La notizia aveva riacceso la speranza delle famiglie delle vittime di riavere le spoglie dei propri cari; nello stesso tempo, però, non avevano nascosto lo sconcerto per un annuncio mediatico frettoloso, non accompagnato da una verifica sull’effettiva presenza dei resti. Ora la diffusione delle immagini sembrerebbe fugare ormai ogni dubbio.

Delle ventuno vittime del massacro - operai edili che lavoravano in un cantiere di Sirte - solo venti erano cristiani egiziani; insieme a loro fu ucciso infatti anche un cittadino ghanese, Matthew Ayariga, che lavorava insieme al gruppo (secondo alcuni si sarebbe convertito proprio vedendo la fede dei colleghi).

Per le modalità e il contraccolpo mediatico delle immagini il martirio dei copti a Sirte è diventato un evento simbolo per i cristiani del Medio Oriente: ad appena una settimana di distanza dalla notizia della strage il papa copto Tawadros II aveva già annunciato l’iscrizione dei loro nomi nel Synaxarium, il libro dei martiri della Chiesa copta. E la data della loro festa, il 15 febbraio, corrisponde proprio al giorno in cui l’Isis diffuse il video della loro decapitazione. La memoria è tramandata oggi anche dall’iconografia copta, che li raffigura in riva al mare e con la veste arancione, riprendendo proprio l’immagine veicolata dai jihadisti.

Tredici degli operai copti uccisi venivano dal villaggio di al-Our, nel distretto di Minya, nell’Alto Egitto. E proprio qui - per volontà del presidente egiziano al Sisi - è in costruzione una chiesa intitolata alla loro memoria. I lavori stanno ormai per essere ultimati ed è dunque molto probabile che i corpi riaffiorati dal deserto egiziano trovino sepoltura al suo interno, in un luogo destinato a diventare un santuario dei martiri copti del XXI secolo.

LEGGI ANCHE: La poesia di Davide Rondoni in ricordo dei copti uccisi dall’Isis

I commenti dei lettori