«I leader europei sono dalla nostra parte, appoggiano i nostri sforzi nel preservare l’accordo sul nucleare». Il presidente iraniano Hassan Rohani, esce dai lavori della 72a Assemblea generale rafforzato, almeno nella fiducia, dopo la conferma giunta dal Vecchio Continente di voler preservare l’accordo sui programmi di proliferazione atomica di Teheran. Preservare da Donald Trump che considera l’intesa la «peggiore possibile» asserendo, di concerto con l’alleato israeliano, Benjamin Netanyahu, che l’Iran violi sistematicamente i patti, almeno dal punto di vista morale. «Ogni Paese che compie il primo passo, uscendo da questo accordo non mostra solo che ha rotto un patto, ma apre le porte a sospetti e mancanza di fiducia», chiosa Rohani nel colloquio con un ristretto numero di giornalisti.

«Anche gli alleati degli Stati Uniti non avranno coraggio a sostenere l’America su questa scelta prosegue -, perché sono consapevoli che rompere l’accordo è indifendibile». E se gli Usa decideranno di «cambiare le carte in tavola» daranno implicitamente mandato all’Iran di attuare «ogni azione necessaria a tutelare il nostro Paese e il nostro popolo».

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Questa la riflessione nella sostanza e che fa seguito al monito dei giorni scorsi dell’ayatollah Sayyed Ali Khamenei, nei confronti dei «rottamatori». Sulla forma Rohani è ancora più duro: «Gli Stati Uniti porgano le loro scuse per le parole offensive dette» da Donald Trump «contro il popolo iraniano». Lo aveva detto poco prima dal scranno più alto dell’Assemblea generale, spiegando che quelle pronunciate dal presidente Usa sono «parole ignoranti e sgradevoli, accuse odiose e senza fondamento, inadatte per l’Assemblea generale». Ma qual è il peso reale che i leader europei possono avere nel convincere Trump? «Ho affrontato la questione con molti di loro, Emmanuel Macron e Theresa May, ma anche con i colleghi di Belgio, Norvegia e tanti altri. Ognuno è d’accordo nell’affermare che il Joint Comprehensive Plan of Action è il migliore degli accordi, e che lo avrebbero difeso ad ogni costo all’Onu. È quello che è avvenuto qui in questi giorni», spiega con soddisfazione Rohani secondo cui il vero rischio lo corre Trump, in termini di credibilità e isolamento. E ancora: «L’accordo sul nucleare è un accordo multilaterale tra 7 parti, che ha richiesto tempi lunghi e ha avuto ratificazione da molti altri Paesi». Di modifiche poi, nemmeno a parlarne: «L’accordo è un palazzo, se togli un mattone crolla la struttura. Pertanto non ci saranno assolutamente cambi o emendamenti, questo deve esser chiaro agli americani».

Incalzato da chi gli chiede se pur di preservare il Jcpa Teheran sia disposta a negoziare su altri punti, Rohani si irrigidisce. «È impensabile, l’accordo vive di vita propria». Il riferimento è al programma balistico di Teheran, quello che più impensierisce l’America e i suoi partner nel Golfo, Arabia Saudita ed Emirati Arabi in primis. Oltre al sostegno (bellico e finanziario) alle forze sciite nella regione, quelle pro-Damasco in Siria, Hezbollah in Libano e gli houthi in Yemen.

Nessun passo indietro quindi: «L’Iran continuerà a produrre missili e armi difensive, perché la più grande responsabilità del governo è difendere la gente e la sicurezza nazionale». Del resto lo scenario regionale è quello di una guerra per procura in continua evoluzione come dimostra il recente cambio di passo del Qatar, con Doha ora più vicina a Teheran. Pertanto «la nazione iraniana non esiterà a rafforzare le proprie capacità di difesa contro lo scenario delle minacce regionali e globali». Intanto Trump va avanti per la sua strada e dice, forse non a caso a margine del bilaterale con il presidente dell’autorità palestinese Abu Mazen, di aver già deciso: «Vi farò sapere», a tempo debito. L’attesa non sembra impensierire Rohani il quale si congeda dal Palazzo di Vetro ricordando la vittoria contro l’Isis in Iraq e Siria delle «forze del bene», «il silenzio assordante sulle armi usate quotidianamente contro i civili innocenti in Yemen», «la pulizia etnica della minoranza musulmana Rohingya» in Birmania.

E concedendosi un sorriso: presidente ritiene che Trump sappia veramente cosa dice l’accordo sul nucleare? «Non saprei, ditemelo voi che ci avete a che fare ogni giorno».

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