A Roma sta finendo l’acqua. Per questo, tra cinque giorni, nella Capitale arriverà il razionamento: a turno, per otto ore, sia di giorno che di notte, verranno chiusi i rubinetti di un milione e mezzo di cittadini. A renderlo noto è Acea, l’azienda che gestisce le riserve idriche romane. E nel razionamento previsto finiranno anche ospedali e vigili del fuoco. Le aree interessate devono ancora essere definite da un piano che è in fase di studio e che sarà poi diffuso capillarmente ai cittadini. Ma nel momento in cui si chiuderà l’acqua a un’intera area - rende noto l’azienda - non sarà possibile creare un accesso privilegiato per gli edifici sensibili.

Al centro dell’emergenza, c’è il lago di Bracciano. Tra i più grandi bacini del Centro Italia e riserva idrica di Roma, si è rapidamente prosciugato negli ultimi mesi, fino a veder scendere il proprio livello dell’acqua di 90 centimetri. Il lago soffre e a lanciare l’allarme è il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, che ordina la sospensione del prelievo d’acqua dal bacino ed evoca il «rischio catastrofe ambientale». Per questo, entra in campo anche il governo. Il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti ipotizza «il passaggio per il Lazio a una condizione di severità idrica alta, che permette di attivare sia le procedure a sostegno del settore agricolo che la concessione eventuale dello stato di emergenza da parte della Protezione Civile». E Maurizio Martina, ministro per le politiche agricole, si dice «pronto a collaborare con le Regioni nel censimento dei danni e la verifica delle condizioni per dichiarare lo stato di eccezionale avversità atmosferica», annunciando poi l’avvio di un piano per tutelare gli agricoltori in difficoltà a causa della prolungata siccità.

Nei primi sei mesi del 2017 sulla Capitale sono caduti appena 157 millimetri di pioggia spalmati su 26 giorni, lo scorso anno erano stati 649 in 88 giorni. Ma a Roma, al di là della mancanza di piogge, il problema maggiore sembra essere quello della dispersione di acqua nella rete infrastrutturale di Acea. In altre parole, i tubi che perdono quotidianamente il 44% dell’acqua trasportata. Un trend per altro in negativo, che ha fatto passare la percentuale di risorse sprecate dal 40% del 2011 al 46% del 2015, a fronte di investimenti nella manutenzione della rete per assurdo cresciuti, in quello stesso arco di tempo, dal 7% al 28%. «In Italia si investe poco sulle infrastrutture e senza queste ingenti perdite, l’emergenza a Roma sarebbe stata molto meno grave», dice il professor Alessandro Marangoni, ceo di Althesys, azienda specializzata da anni nella ricerca in campo ambientale. «Non si è mai pensato alla necessità di strutture di accumulo di riserve, di “magazzini dell’acqua” come in Spagna. Così, ora non ci sono scorte».

Acea ammette le difficoltà, ma assicura di avere un piano per ammodernare le tubature entro il prossimo dicembre. Nel frattempo, però, le misure adottate dalla Regione, che le impediscono di attingere dal lago di Bracciano vengono definite dal presidente di Acea Ato2 Paolo Saccani, «un atto abnorme, illegittimo e irresponsabile», promettendo di ricorrere alle vie legali. Dalla Regione fanno notare che Bracciano sarebbe una riserva cui attingere nei periodi di siccità, mentre Acea avrebbe avviato le sue operazioni sin da marzo. «Dobbiamo rispettare le regole», aggiungono poi, mostrando un decreto ministeriale del 1990 in cui era previsto il blocco dei prelievi dal lago se il livello dell’acqua fosse sceso sotto una certa soglia. «Siamo costretti a rispettare l’ordinanza regionale», risponde Acea, inamovibile sul «razionamento dell’acqua come unica soluzione possibile».

Nella guerra a distanza interviene anche il sindaco Virginia Raggi, che attraverso il Campidoglio è azionista di maggioranza del colosso energetico: «Mi auguro che Regione e Acea trovino quanto prima una soluzione condivisa». Un tono però giudicato troppo distante dal Pd romano, essendo il Comune coinvolto in prima persona: «Non è accettabile il disinteressamento mostrato finora sull’argomento da Raggi. Ed è inammissibile il terrorismo psicologico adottato da Acea».

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