«Il sistema bancario italiano è strutturalmente non redditizio, incapace di generare capitale sufficiente per affrontare i propri rischi sistemici. Per questo ci sono scarsissime possibilità di risolvere i problemi del settore senza forme di intervento esterno». Quindi «Bruxelles e la Bce dovrebbero aprire gli occhi» e studiare qualche tipo di sostegno. A parlare è Dominic Rossi, uno dei «signori» della City di Londra. Da capo degli investimenti azionari globali di Fidelity International - gigante dei fondi che ha in gestione 274,5 miliardi di euro e altri 83 in amministrazione - ha molta influenza sulla piazza finanziaria. E nel corso di un incontro nella sede londinese di Fidelity, al 25 di Cannon Street, due passi dalla cattedrale di St Paul, usa parole durissime sulle banche italiane.

Osservati speciali

L’Italia, vista da una Londra pure distratta dai grattacapi della Brexit, continua ad essere un’osservata speciale e sembra lontano il tempo in cui il nostro Paese sembrava la nuova terra promessa dei grandi fondi. Negli ultimi tempi a Cannon Street hanno rallentato le «scommesse» sul mercato italiano. «Abbiamo marginalmente ridotto la nostra esposizione su Piazza Affari rispetto al benchmark - conferma Toby Gibb, «investment director» per l’azionario europeo -, ma questo non è dovuto a una visione sul Paese, quanto al risultato della selezione dei titoli da inserire nel nostro portafoglio». Visto che in questo momento la casa di investimenti è «sottopesata», come si dice in gergo, sulle banche europee, essendo il settore finanziario preponderante sul listino milanese (pesa oltre un terzo della capitalizzazione), ecco spiegato lo scarso entusiasmo per Piazza Affari. Matt Siddle, gestore di un fondo della casa dedicato alle grandi capitalizzazioni europee, spiega la sua strategia: «Rispetto alle banche italiane, dove pure apprezziamo quanto fatto da istituti come Unicredit e Intesa Sanpaolo, preferiamo un istituto come Barclays che dà maggior premio per il rischio, con una valutazione più a buon mercato. Nel settore petrolifero abbiamo privilegiato Shell rispetto a Eni, mentre tra le utility abbiamo di recente acquisito una posizione in Enel». Così come, aggiunge Gibb, tra i titoli, piacciono Leonardo e Luxottica, specie dopo la fusione con la francese Essilor.

Le opportunità

Pure sul fronte obbligazionario, sulle banche nell’ultimo periodo Fidelity ha abbassato l’esposizione, più «neutrale» rispetto all’indice di riferimento. Questo anche se il capo globale degli investimenti nel reddito fisso, Charles McKenzie, tende a non generalizzare. «Chiaro che i problemi che avete nel settore - spiega - hanno creato una certa preoccupazione, ma attraverso un’accurata selezione dei titoli delle vostre banche più solide, tale situazione ha anche creato delle buone opportunità di investimento». Quanto al debito sovrano, dalle elezioni francesi la performance è stata piuttosto sostenuta. «I titoli italiani sono ancora considerati un investimento piuttosto attraente quanto a valutazioni», ciononostante l’esposizione è stata ridotta.

Rischio elezioni anticipate

Non si prevedono però tempeste in arrivo visto che «non crediamo che la Bce interromperà del tutto il sostegno straordinario del Qe e i tassi di interesse staranno bassi ancora a lungo». A cambiare il quadro potrebbe essere una sterzata improvvisa della politica italiana: «Se le elezioni fossero anticipate a quest’anno - segnala McKenzie - sarebbe senz’altro una sorpresa per il mercato, il che aumenterebbe il nervosismo nei confronti del vostro Paese».

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