«Cristo è risorto, e il destino dei nostri fratelli arcivescovi Boulos e Yohanna è ancora oscuro». La Pasqua è caduta quest'anno molto vicina al quarto anniversario della loro sparizione, «e questo è forse il tempo più appropriato per alzare ancora una volta la nostra voce, e far giungere alle orecchie dei nostri fedeli e di tutto il mondo la voce del dolore della Chiesa di Antiochia, e la voce di tutti gli afflitti di questo Oriente».

Con queste parole, contenute in un messaggio congiunto, due Patriarchi di Antiochia, il greco ortodosso Yohanna X e il siro ortodosso Mar Ignatios Aphrem II, richiamano tutti a far memoria dei due Metropoliti di Aleppo - il siro ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco ortodosso Boulos Yazigi – rapiti il 22 aprile del 2013, nel quarto anniversario della loro scomparsa. 

I due Vescovi metropoliti di Aleppo furono rapiti nell'area compresa tra la metropoli siriana e il confine con la Turchia. L'auto su cui viaggiavano fu bloccata dal gruppo dei rapitori e l'autista freddato con colpo alla testa, dopo un tentativo di fuga. Si trattava di Fathallah, un cattolico di rito latino, padre di tre figli. 


Da allora, nessun gruppo ha rivendicato il sequestro. Intorno al caso sono state fatte filtrare a più riprese indiscrezioni e annunci di novità che si sono rivelati  poi poco fondati. Sei mesi dopo il sequestro, il generale Abbas Ibrahim, capo della Sicurezza Generale libanese, si era spinto a rivelare che il luogo in cui erano detenuti i due Vescovi rapiti era stato individuato, e erano iniziati «contatti indiretti» con i sequestratori per ottenerne la liberazione. Rivelazioni a cui poi non sono seguiti riscontri concreti.


Nel messaggio dei due Patriarchi – uno dei quali, il greco ortodosso Yohanna, è fratello di Boulos Yazigi - viene guardata la vicenda dei due vescovi rapiti, insieme a tutte le altre sofferenze dei popoli mediorientali, alla luce dell'annuncio pasquale della Resurrezione: «I cristiani della Chiesa di Antiochia - si legge nel testo pervenuto all'agenzia Fides - sono sempre chiamati a ricordare che il cammino della Resurrezione è iniziato con la croce, e si è compiuto con la luce della tomba vuota. Noi che seguiamo Cristo, non temiamo morte e avversità, ma preghiamo nella nostra debolezza, come pregò lo stesso Gesù Cristo nostro Signore, che passi questo calice della sofferenza».

Il messaggio dei due Patriarchi esprime anche, con toni veementi, la volontà e desiderio dei cristiani d'Oriente di continuare a vivere nelle terre del loro radicamento millenario: «Il potere di questo mondo non ci farà uscire dalla nostra terra, perché siamo figli della croce e della risurrezione. Siamo stati dispersi durante tutta la storia, e siamo ancora dispersi anche oggi, ma ciascuno di noi è chiamato a ricordare che la terra di Cristo non sarà svuotata dei suoi prediletti, e di quelli che sono stati chiamati a seguirlo già duemila anni fa. E se il sequestro dei due arcivescovi e dei sacerdoti mira a sfidare la nostra presenza di cristiani orientali, e a sradicarla da questa terra, la nostra risposta è chiara: sono passati quattro anni dal loro rapimento, sono sei anni che dura questa crisi, e noi stiamo qui, accanto alle tombe dei nostri padri e alla loro terra consacrata. Siamo profondamente radicati nel grembo di questo Oriente». 


Mar Ignatius Aphrem e Yohanna, nel loro messaggio, colgono anche l'occasione di esprimere considerazioni critiche nei confronti delle linee politiche e geopolitiche seguite sugli scenari mediorientali dalle potenze occidentali: «Non abbiamo bisogno di simpatie per noi o di denunce rivolte contro altri», scrivono, «ma di una sincera e condivisa volontà di promuovere la pace nella nostra terra. Non lasciamo i nostri problemi nelle mani del cosidetto mondo civilizzato, che ci ha assillato con le sue chiacchiere sulle democrazie e le riforme, mentre la nostra gente è priva del pane e di tutti i mezzi di sopravvivenza. C'è una guerra, imposta a tutti noi come siriani, con conseguenze che pesano su di noi anche come libanesi. C'è un prezzo che paghiamo noi in tutto il Medio Oriente a causa delle guerre e di tutte le operazioni e i giochi fatti sulla nostra terra... Oggi diciamo: “Basta!” davanti a coloro che finanziano i terroristi, e poi fingono di non conoscerli, vengono qui a combatterli o meglio, con il pretesto dichiarato di combatterli».

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