Sono passati quasi duemila anni da quando Giovenale si augurava che gli Dei gli concedessero «mens sana in corpore sano». E si sentono tutti. Patria di antica saggezza, l’Italia si è allontanata dalla loro pratica. E se il Coni, il Comitato olimpico, festeggiava l’incremento del 2,7% di chi pratica sport (crescita certificata dall’Istat tra il 2013 e il 2015), un dato più di altri mostra quanto lavoro ci sia ancora da fare: solo una famiglia su cinque spende per attività sportive (anno 2014). E questa spesa rappresenta appena l’1,48% di quella che l’intera famiglia affronta mensilmente.

Amanti della poltrona

Siamo pigri, il 40% degli italiani non pratica alcuno sport e nemmeno compie una seppur minima attività fisica come camminare, andare in bicicletta, farsi una nuotata ogni tanto. Percentuale che sale addirittura al 65% includendo anche chi «svolge ogni tanto qualche attività fisica». Nel panorama europeo siamo al quarto posto nella classifica dei poltroni, peggio di noi fanno solo Bulgaria, Malta e Portogallo.

La commissione europea negli ultimi anni ha spinto molto, con programmi e investimenti specifici, per cercare di far aumentare la pratica sportiva dei suoi cittadini. La lotta contro la sedentarietà è questione presa sul serio: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità fare attività fisica potrebbe aiutare a evitare un milione di morti all’anno in Europa.

Come hanno impattato in Italia queste politiche? Un miglioramento c’è stato. Se guardiamo all’ultimo studio dell’Istat «La pratica sportiva in Italia» uscito lo scorso 23 febbraio, notiamo come la percentuale di chi pratica sport con continuità sia in continua crescita dal 2013. Una persona su quattro, ormai, si dichiara uno sportivo. Il quadro è mutato rispetto al 1959, primo anno di studi: all’epoca solo 1.230.000 persone faceva sport, oltre il 90% era di sesso maschile, solo l’1% aveva meno di 14 anni e il primo sport era la caccia (33%). Oggi il primato è saldamente in mano al calcio. Lo scenario è migliorato, ma ci sono luci e ombre.

Lo Stivale diviso

L’Italia deve affrontare un grosso problema se vuole superare i suoi limiti: le sue differenze regionali. Come spesso accade il nostro Paese è un mosaico di situazioni molto diverse, e purtroppo anche nella pratica sportiva emerge in modo netto una differenza tra Nord e Sud. La regione con il più alto tasso di inattivi in Italia è la Sicilia, dove nel 2016 - secondo i dati Istat - il 58,4% della popolazione dichiarava di non fare nulla. Situazione diametralmente opposta in Trentino Alto Adige, dove la percentuale di poltroni è appena del 15,5%.

Famiglia in tuta

Cosa fa la differenza? Innanzitutto la cultura familiare. Sempre secondo l’Istat l’83% dei figli (tra i 3 e i 24 anni) che hanno entrambi i genitori sportivi svolge a sua volta attività sportiva. La percentuale scende al 68% quando lo sportivo è un solo genitore. Scende alla metà (44%) quando entrambi i genitori non fanno sport. È interessante notare, si trova nel rapporto 2017, come il genitore più influente sia la madre: se questa è sportiva, è più facile che lo siano anche i figli.

La «spinta» della politica

Ma è anche la politica che dovrebbe incentivare. E qui torna a farsi sentire il divario Nord-Sud. Nel 2014 ci sono città (tra quelle sopra i 200.000 abitanti) che hanno speso più di 30 euro pro capite per attività sportive (come Trieste, Torino, Firenze). Se guardiamo alle città del Sud, e si esclude Catania, la media è al di sotto dei 15 euro: meno della metà. Ovviamente non si calcolano gli investimenti del Coni o quelli diretti dello Stato, ma la classifica è abbastanza significativa. Per le piscine comunali il Comune che ha speso di più è Bologna (16,63 euro per cittadino), quello che ha speso meno è Roma (zero euro); per gli impianti è Trieste (20,24 euro), mentre Roma è di nuovo fanalino di coda (0,16 euro); infine per le manifestazioni sportive troviamo prima Padova (11,30 euro) e ultima Venezia (zero).

Spettatori? Nemmeno

Infine sfatiamo un mito: facciamo poco sport ma ne guardiamo molto. Non è proprio così. Siamo talmente pigri che non ci spostiamo neppure per andarlo a vedere, un evento sportivo. Secondo le ultime stime messe a disposizione da Eurostat (anno 2011) oltre il 70% degli italiani (tra i 25 e i 64 anni) dichiara di non aver seguito alcun evento sportivo dal vivo nei dodici mesi precedenti all’indagine. Anche in questo caso siamo quartultimi in Europa. Se non cambiano le cose ai discendenti di Giovenale non rimarrà che sperare nella sola mens sana.

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