Lui aveva ideato il progetto: una Cenerentola con i ragazzi del Conservatorio e dell’Accademia rossiniana, a due secoli esatti dalla nascita di quel capolavoro. E lui, lo scorso 28 febbraio, avrebbe dovuto dirigerla, però la malattia gli aveva tolto ogni energia. Ma almeno alle prove è riuscito ad assistere, consigliando quei giovani musicisti nell’ultimo omaggio al genio al quale ha dedicato una vita di interprete e di studioso. Alberto Zedda si è spento nella città diventata, lui milanese, la sua seconda patria. Aveva 89 anni, è stato uno dei principali protagonisti della «Rossini renaissance», che ha schiuso scenari prima impensabili nel campo della conoscenza e dell’ interpretazione.

Uomo arguto, brillante, propositivo, aveva una volontà ferrea: nel 2013 mentre dirige a Pesaro La donna del lago, si accascia sul podio. Passano 40 minuti di panico e di attesa ed eccolo ritornare al suo posto, tronfalmente guidando la recita fino al termine. Lui stesso, nel recente Divagazioni rossiniane (edito da Ricordi), vademecum indispensabile, ricorda come avvenne la folgorazione. E’ il 1959, due anni prima ha vinto il concorso per giovani direttori indetto dalla Rai, e a Cincinnati, Ohio, sta provando Il barbiere di Siviglia, quando si rende conto che certi passaggi della partitura sono ineseguibili. Chi ha sbagliato? Rossini o una mai verificata tradizione esecutiva? Spinto da quel dubbio, verifica, combatte e infine ottiene che Casa Ricordi - allora italiana - gli affidi quella che non c’era mai stata: un’edizione critica del Barbiere. Nell’universo rossiniano nulla sarà più come prima.

Prezioso consigliere di Claudio Abbado, direttore artistico della Scala dal 1992 al 95, è Zedda, assieme a Bruno Cagli e Philip Gossett a costituire il primo comitato editoriale della Fondazione Rossini. E a lui arriva dal conte Lechi di Brescia che ne conservava l’autografo, la segnalazione dell’esistenza del finale tragico del Tancredi, di cui fino ad allora si conosceva soltanto la versione con happy end. «Grazie al suo lavoro di musicologo, di direttore d’orchestra, di direttore artistico del Rossini opera festival, di didatta, Zedda ha contribuito in modo fondamentale alla riscoperta del Rossini serio e a gettare una nuova luce sul Rossini comico. Ha insegnato ad un’intera generazione a tradurre il segno di Rossini in suono», così Ilaria Narici, direttore editoriale della Fondazione Rossini, che ricorda le ultime parole ascoltate, pochissimi giorni fa, dal maestro, come un’esortazione ai futuri direttori: «Il canto in Rossini non è mai realistico e riveste importanza sovrana. Concertate sempre partendo dalle voci»”. Giovedì alle 11 all’Auditorium Pedrotti di Rossini, la cerimonia di congedo.

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