dopo la denuncia delle iene

Fondi pubblici per sesso gay a pagamento, si dimette direttore Unar

di Alessia Tripodi

(ANSA)

3' di lettura

Si è dimesso il direttore dell'Unar, l'Unione anti discriminazioni razziali di Palazzo Chigi, Francesco Spano, nella bufera dopo le polemiche sui finanziamenti alle associazioni gay scatenate ieri sera da un servizio della trasmissione "Le Iene". A tali associazioni, infatti, farebbero capo circoli attivi sul fronte della prostituzione gay.

Spano era stato convocato nel pomeriggio per chiarimenti dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi. In una nota diffusa dopo le dimissioni, Palazzo Chigi ha precisato che i fondi in questione «non sono stati ancora erogati». Unanime l'indignazione della politica, che chiede la chiusura dell'ente di governo, mentre il Codacons ha presentato un esposto alla Corte dei Conti e alla Procura di Roma.

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Palazzo Chigi: fondi non ancora erogati
Le dimissioni di Spano, scrive Palazzo Chigi, «vogliono essere un segno di rispetto al ruolo e al lavoro che ha svolto e continua a svolgere l'Unar, istituito con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, in recepimento alla direttiva comunitaria n. 2000/43 CE contro ogni forma di discriminazione». E la presidenza del Consiglio «per quanto non si ravvisino violazioni della procedura prevista e d'accordo con il dott. Spano, disporrà la sospensione in autotutela del Bando di assegnazione oggetto dell'inchiesta giornalistica, per effettuare le ulteriori opportune verifiche. I relativi fondi, comunque, non sono stati ancora erogati».

Le polemiche
A chiedere le dimissioni di Spano e la chiusura dell'Ufficio sono stati, per tutta la giornata di oggi, numerosi parlamentari, dal centrodestra alla Lega Nord
al M5S. Il motivo è il servizio delle Iene nel quale si accusa l'Unar di aver finanziato una associazione di persone omosessuali a cui fanno capo circoli nei quali si praticherebbe prostituzione maschile, e il direttore dell'Ufficio - Spano, appunto - di essere socio di questa stessa associazione e dunque, secondo le accuse, in palese conflitto di interesse.
La presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, ha annunciato stamattina la presentazione di un'interrogazione urgente al Governo per chiedere la chiusura immediata dell'Unar e le dimissioni del suo direttore. Il senatore Carlo Giovanardi ha chiesto che il premier Paolo Gentiloni o il sottosegretario Maria Elena Boschi «si presentino in Aula a spiegare come sia possibile che la Presidenza del Consiglio tramite l'Unar finanzi circoli dove si pratica la prostituzione e ogni tipo di aberrazioni sessuali». Richieste di chiarimenti da parte del Governo sono state avanzate anche da Gian Marco Centinaio, capogruppo della Lega in Senato. «L'Unar è una vergogna da abolire» è insorto il senatore di Forza Italia Lucio Malan, e gli ha fatto eco Gaetano Quagliarello di Idea che parla di «ente inutile, costoso e dannoso» e spiega che «sull'Unar c'è solo una soluzione: chiuderlo» . Il gruppo della Lega Nord, preannuncia il deputato Paolo Grimoldi, presenterà un'interrogazione al Governo per chiedere chiarezza sui costi e sulle spese dell'Unar dal 2011 ad oggi e per chiederne l'immediata chiusura. Anche i deputati M5s annunciano un' interrogazione al Governo per chiedere chiarimenti.

Esposto del Codacons
Oltre agli esposti a Corte dei Conti e Procura di Roma presentati dal Codacons, anche l'associazione onlus Provita valuta di denunciare l'Unar per abuso d'ufficio. "Le Iene" nel loro servizio non hanno fornito il nome dell'associazione beneficiaria dei fondi incriminati, ma secondo Provita sarebbe Anddos (Associazione nazionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale), che avrebbe ricevuto dall'Unar nel 2016 oltre 55mila euro per i suoi progetti antidiscriminatori. Intervistato dal sito GayPost, il presidente di Anddos, Marco Canale, si è limitato a poche parole: «Ieri sera a Le Iene abbiamo assistito a un pessimo servizio montato a tavolino contro le associazioni e comunità lgbt, che rilancia lo stereotipo omosessualità- perversione-prostituzione. Mancava solo 'pedofilia' e il quadro sarebbe stato completo».

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