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Il valore delle librerie storiche e la battaglia culturale italiana da vincere

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Il valore delle librerie storiche e la battaglia culturale italiana da vincere

Non credevo sinceramente che intorno alle librerie storiche italiane e ai “luoghi” culturali del territorio potesse svilupparsi un flusso ininterrotto di lettere, testimonianze, racconti individuali e collettivi pieni di storia e di suggestioni, analisi, interventi, proposte: da Catia Gabrielli, la libraia della storica libreria Fahrenheit di Roma, nella piazza Campo de’ Fiori, a Mario Miglietta e agli Amici della Libreria popolare di via Tadino a Milano, addirittura la bacheca e una pergamena del 1885 custoditi in una macelleria nel cuore di Napoli dove emerge a sorpresa l’anima archivista dei Cacciapuoti, generazioni di macellai dal tempo dei Borboni. Soprattutto, prende corpo e a suo modo si rinnova una sequenza impressionante di valori, almeno per me, dove memoria e futuro stanno insieme e aiutano a cogliere il senso profondo di un Paese che ha nella storia dei suoi territori e dei suoi “luoghi” culturali le radici essenziali di una comunità e di un’economia artigianale e manifatturiera che sono un unicum al mondo. Un tratto identitario che ruota intorno al patrimonio culturale, artistico, ambientale e industriale di borghi e comunità, il segno e la forza di una storia cosmopolita come è quella italiana.

Nessuna nostalgia, da libro «Cuore» di Edmondo De Amicis, lo dico con rispetto a Martin Angioni, erede della storica libreria Druetto di Torino, chiusa dalla madre dieci anni fa, e una sua autonoma vita professionale tra Amazon, Electa e Esselunga, che mi invita a occuparmi con rigore di come innovare la distribuzione libraria, a guardare alle infinite possibilità di crescita del canale digitale e alla marea di libri venduti su Amazon. Questo giornale ha fatto della scommessa digitale una priorità assoluta e racconta, in modo sistemico, l’importanza del fattore velocità per misurare il livello di efficienza della distribuzione libraria come in mille altri campi, ma non catalogherà mai come una “battaglia di retroguardia” la difesa dei “luoghi” culturali della nostra storia, dalle librerie agli archivi fino ai musei. Bisogna compiere ogni sforzo perché questi laboratori di storia e di economia, in una parola di vita, usino strumenti e opportunità offerti dalla innovazione nella distribuzione libraria e dal canale digitale tout court, con il suo contributo decisivo di economie di scala, ma bisogna allo stesso tempo fare di tutto (incentivi fiscali tipo Artbonus? Aiuti pubblici diretti come si è fatto in Francia?) perché sopravvivano per quello che sono in quanto custodiscono dentro di sé qualcosa di veramente unico, uno scrigno prezioso che racconta il passato ma parla di futuro. Se anche Amazon apre a Seattle la sua libreria con pareti di legno caldo vuol dire che quel rapporto molto speciale che c’è tra un libro che si può toccare, e anche sfogliare, e il suo libraio forse è più forte e resistente nel tempo di quel che si può pensare.

Pubblichiamo di seguito cinque lettere e i relativi interventi, tra i tanti pervenuti al direttore dopo il «Memorandum» di domenica scorsa («Le librerie storiche, l’albero della cultura, la memoria e il futuro di un Paese»)

ascolate le piccole librerie

Gentile direttore Napoletano

sono la libraia della storica libreria Fahrenheit 451 nella piazza Campo de’ fiori da circa trent’anni. La prima libreria a Roma ad aprire fino a mezzanotte e la domenica mattina. Negli anni sono stata ideatrice di molte iniziative culturali nella libreria e sulla piazza dove ogni estate a luglio si svolgeva la manifestazione pensata con i piccoli editori indipendenti romani, “Libri in Campo” con esposizione e vendita di libri e tre presentazioni al giorno, compresi spettacoli di teatro e concerti gratuiti per il pubblico. Negli anni ho visto cambiare molto le cose e mi sono fatta un’idea precisa delle cause tragiche che hanno portato alle conseguenze disastrose per tutta la filiera editoriale ormai a tutti evidenti. Mi permetto di disturbarla con un mio intervento sull’argomento che le invio qui di seguito.

Riproduciamo di seguito l’intervento di Catia Gabrielli tenuto nel corso del Seminario, organizzato dalla VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati il 6 ottobre scorso.

L’interessante seminario, voluto dalla Commissione Cultura della Camera dei Deputati, ha posto l’attenzione sul fallimento delle politiche di liberalizzazione della filiera editoriale e l’insufficienza del regolamento di sconto al 15% che non ha impedito la chiusura drammatica delle piccole e medie librerie totalmente indipendenti, riconosciute da tutti gli interventi del Seminario come presidi culturali e sociali nei territori nazionali.

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