Aspre polemiche sulle sale chiuse, attacchi mediatici su reperti prestati per una mostra a Comacchio e malumori di varia natura. Da qualche mese sul Museo archeologico nazionale di Napoli (noto anche con l’acronimo dagli echi letterari Mann) si è scatenata una tempesta. Ma che non ha toccato il giovane direttore, l’etruscologo Paolo Giulierini, fiducioso nelle iniziative future e in una rapida soluzione di tutti i problemi.

I problemi però ci sono e sono evidenti: se per raggiungere il museo il visitatore deve sfidare il traffico cittadino, una volta entrato trova ad accoglierlo la vera sorpresa. A fronte di un museo a mezzo servizio, dove molte sono le sale non accessibili al pubblico, ci si trova a pagare un biglietto intero, o talvolta addirittura maggiorato (da 8 fino a 13 euro per via di una qualche mostra temporanea), come segnalava una lettera inviata a un quotidiano locale solo poche settimane fa. Scarse le informazioni per il turista che osa chiederle, anche perché non c’è nessuno a cui chiedere. Tantomeno ad avvisare delle limitazioni all’ingresso. E così i visitatori, dopo aver pagato, vagano per i corridoi vuoti, o restano fuori da sale chiuse con pesanti cordoni per sbirciare le opere off limits. Opere che talvolta altro non sono che le stesse scarne pareti perché le opere sono migrate altrove in prestito a qualche altro museo.

E pensare che il Mann custodisce in quasi ventimila metri quadri di aree espositive qualcosa come 250mila opere, a cui vanno aggiunti gli altri 230mila reperti conservati da secoli nei depositi. Il tutto affidato alla vigilanza di 98 custodi, che in origine erano 250, e questo spiega molti dei disservizi lamentati dai visitatori negli ultimi anni.

Adesso si spera che una serie d’interessanti iniziative speciali, come appuntamenti culturali e sociali, contribuiscano a trovare una soluzione. Il direttore e i 149 dipendenti del museo (perlopiù ormai avanti con gli anni) guardano con ottimismo al futuro, ma pure ai 35 milioni da spendere per rilanciarlo.

I commenti dei lettori