Milano, via Morone, stradina del centro a due passi dallo scrigno del Poldi Pezzoli. Tra la boutique di un parrucchiere e le vetrine di un antiquario si apre un ingresso discreto che nasconde più che indicare l’accesso alle scale dei tre piani del palazzo: è il quartier generale della Casaleggio Associati.

La cifra di Gianroberto Casaleggio è sempre stata quella di tenere la sede milanese lontana dal via vai, accessibile a pochi invitati ben selezionati per non farne un luogo di pellegrinaggio per gli scontenti. Ma dopo la sua scomparsa i malumori nel M5S, lato Senato, sono cresciuti. E allora via, tutti a Milano per mettersi d’accordo subito su forme e modi di gestione di Rousseau, il sistema operativo che promette di essere il M5S stesso: struttura e istanza decisionale ultima.

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Così locali dell’azienda che ha ideato, sviluppato e lanciato il M5S negli ultimi tre giorni sono stati un porto di mare. Deputati tanti, senatori un po’ meno. Martedì il direttorio per il primo vertice operativo con Davide Casaleggio dopo la scomparsa del padre. Poi via via i vari responsabili delle aree di Rousseau: Morra, Toninelli, Di Stefano, Taverna.

Ieri è stato il turno della senatrice Nunzia Catalfo che guida i suoi a palazzo Madama come capogruppo di turno. Si occuperà del portale Lex, la parte di Rousseau che consente (è già attivo da mesi separatamente dal resto) di comporre le proposte di legge insieme agli attivisti generando quel meccanismo di creazione legislativa partecipata che Gianroberto Casaleggio aveva posto alla base della sua creatura politica.

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Ma Davide Casaleggio e Catalfo hanno parlato anche di equilibri interni. I senatori, si accennava, sono sul piede di guerra. Esclusi dalla partecipazione al direttorio, messi spesso di fronte al fatto compiuto nelle decisioni che contano, membri di una camera alta che, se dovesse passare il referendum costituzionale di ottobre, cambierebbe compiti e modalità di elezione: in molti lamentano di sentirsi sempre più marginali e cercano sponde tra i colleghi critici alla Camera.

Lo scatto in avanti impresso da Di Maio sulla questione della sua candidatura al palazzo Chigi per i Cinquestelle alle prossime politiche ha infastidito chi al Senato avrebbe voluto utilizzare il percorso decisionale, i cui esiti a favore del giovane vicepresidente della Camera nessuno mette in dubbio, per recuperare terreno e centralità in un M5S che ormai è a trazione-Montecitorio.

Ed è proprio per calmare gli animi e riguadagnare la fiducia dei colleghi di stanza a palazzo Madama che i vertici M5S stanno spingendo sull’acceleratore nella “messa su strada” di Rousseau. Un passaggio delicato e cruciale per una ragione precisa: alcuni dei senatori hanno un proprio peso specifico decisivo a livello locale nell’organizzazione dell’attivismo e nella raccolta del consenso e averli contro a meno di due mesi dalle amministrative rischia di far fallire gli obiettivi minimi che si sono dati i Cinquestelle: prendere almeno una delle grandi città in palio e avvicinarsi il più possibile a quota cento nei comuni amministrati.

@unodelosBuendia

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