Marco Balich è l’uomo che ha confezionato la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi del 2006 insieme a Filmmaster Events come società produttrice delle Cerimonie. E oggi è impegnato in alcune attività legate alle prossime Olimpiadi di Rio, dopo un 2015 dedicato all’Expo (suo il Padiglione Italia e l’Albero della Vita).

Balich, sono passati esattamente 10 anni da quella magica sera in cui Torino, anche grazie alle sue magie en-plein-air diventò ombelico del mondo. che ricordo ha dell’evento?

«Ho un ricordo bellissimo e indimenticabile, con tre vivide sensazioni nella mente: aver celebrato in un modo spettacolare, pulito e non retorico l’Italia di fronte al mondo, aver condiviso con tanta gente un forte moto di orgoglio, aver partecipato ad un evento che ha segnato profondamente un momento e una città».

Torino in qualche modo divenne il suo biglietto da visita per girare il mondo a colpi di grandi scenografie. In quale misura diventò un simbolo?

«Dopo anni trascorsi ad ammirare i grandi eventi del pianeta dominati dal mondo anglosassone, con le cerimonie di Torino 2006 si è aperto un nuovo capitolo di possibilità espressive, abbiamo dimostrato che esiste una strada italiana, con un approccio emotivo e umano, che ormai è un riferimento. E di questo sarò grato per la vita a Torino e al comitato olimpico per la fiducia che mi ha dato».

Che ricordo ha della città? Cosa funzionò benissimo e cosa no?

«Funzionò la cosa più importante: Torino grazie alle Olimpiadi si trasformò sotto i nostri occhi. Da una diffusa sensazione di sfiducia e indifferenza ai balconi zeppi di bandiere tricolore. Una metamorfosi tanto potente da mettere i brividi».

Ora si sta occupando di Rio...

«Sì, quelle cerimonie saranno un trionfo di colore e gioia di vivere, anche se la situazione in Brasile non è delle più facili. Ma noi, con “Cerimonias Cariocas 2016”, cercheremo di fare bene, e l’esperienza di Torino, va detto, ci sta aiutando non poco».

Qual è il segreto per trasformare una cerimonia d’apertura in evento indimenticabile?

«Bisogna affrontare lo spettacolo e i contenuti senza cinismo, ci si deve immergere nella cultura che si vuole raccontare, non si deve aver paura di raccontare temi alti e soprattutto va sempre tenuto a mente che si sta parlando a 2 miliardi di persone in tutto il mondo».

Che cos’ha trovato di unico e no replicabile a Torino?

«Una città dove ci sono più librerie e ristoranti che negozi di vestiti è una città da che è un esempio per tutti. E non solo in fatto di educazione al rispetto delle regole e al rigore che si respira da queste parti».

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